Passeggiare per le vie, sedersi su una panchina ad osservare il mare, imparare da Hamid “la difficile arte della solitudine”, condividere al Bar Gelateria chiacchiere senza tempo.
Alla casa di riposo Bell’Età ascoltare “il blaterare ossessivo della signora Pesce” e rimanere incantati dai racconti di Gelinda.
Una donnina che è memoria storica della comunità e protagonista di “Il tempo che faceva”, pubblicato da AltreVoci edizioni.
Un testo che con delicatezza parla di incontro tra solitudini, trasformando l’amicizia tra un’anziana e una ragazzina in un cerchio magico.
Beata, considerata la scema del villaggio, abituata ad essere scartata, finalmente trova il suo faro.
Impara lentamente a cogliere in sè stessa talenti e gioie, palpiti e paure.
Due generazioni che nel cammino comune si regalano speranza.
“L’inaspettato attendeva chi aveva il coraggio di perdersi”.
È quello che succede al lettore, trascinato in una storia semplice, pura.
Ci si emoziona e si sorride, ed è come “osservare il fuoco nel camino. Non smetterebbe mai. Un’ipnosi dolce, memorabile, rigenerante.”
Aldo Boraschi tiene in pugno due tempi narrativi, alterna presente e passato intrecciando emozioni.
Valorizza il ricordo, lo preserva, lo coltiva come una pianta rara.
“L’amore è come il gelato.
È una meraviglia imperfetta”.
I guizzi poetici, le estrose osservazioni, una grande passione per la letteratura, il rispetto per il diverso, l’acuta analisi delle scelte di ogni personaggio rendono il romanzo un’esperienza che lascia tracce.
La trama ricca di eventi non è dispersiva, si raccoglie in un ritmo che carezza.
L’uso della parola molto curato, il tratto deciso nelle descrizioni, il messaggio forte sono pregi che affiorano in ogni pagina.
Nel finale siamo tutti coinvolti e accogliamo l’invito a resistere, disobbedire, volare.