Può, una persona
pubblica, decidere di chiudere il sipario e vivere come vuole? No.
Può decidere di
appartenersi e basta? No.
Isabella Biagini non
ha potuto, sicuramente. Venne immortalata su una panchina di un parco
pubblico coperta di stracci. Accortasi del maligno flash, fece il
debole (e inutile) gesto di difesa per proteggersi il viso, la sua
vita, il suo passato. Tutto inutile. Per tutta risposta, il
settimanale Oggi, la trafisse a tradimento, pubblicando in prima
pagina delle foto palesemente estorte. Il servizio all’interno del
rotocalco era condito di quella sordida pietà da salone di
parrucchiere: “poveretta come è ridotta, non sembra più lei”.
Il tutto,
naturalmente ribattuto dal “Messaggero” - per solidarietà
giornalistica, forse – con feroce puntualità, arricchendo il
servizio con tanto di foto della Biagini quando era “bella e
famosa”. La D’Urso fece il resto.
Correte in edicola,
per pochi euro potete ammirare come gli anni ingrassano e
imbruttiscono e sviliscono e fanno perdere (apparentemente) la
dignità.
Come è facile, in
nome della pubblica opinione e dell’abusato”diritto di cronaca,
sputare sul presente di una persona che fu pubblica.
Se potessi, manderei
un mazzo di fiori sulla lapide della signora Biagini, se solo fossi
ben certo che lei, oramai prossima alla fragilità del Cielo, non lo
considererebbe l’omaggio di un giornalista...
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