L'ufficio della Mobile è un crocevia di stati d'animo. S'intrecciano barbe non fatte, accenti diversi, porte che sbattono, clangore di manette. In un angolo c'è una ragazza nigeriana: ha un'età vaga e generalità con troppe consonanti e poche vocali per essere memorizzate. A volte il comunicato stampa salva i giornalisti; oggi quel pezzo di carta non serve.
La ragazza nigeriana è la vittima; una vittima da collocare nel limbo blindato dell'anonimato. È una ragazza coraggiosa (ma dai, è poco più di una bimba...), molto coraggiosa. La storia è sempre la stessa.
Come punto di partenza c'è sempre la povertà, spesso la guerra, sempre l'ignoranza di un'istruzione mai ricevuta. Poi arriva il fabbricante di sogni, che racconta storie con sfavillii di luci e sbarluccichii di marmi. Le parole del millantatore sono come un tronco nel vortice di un fiume la cui corrente porta inesorabilmente alle cascate. Ci si aggrappa e lo si tiene stretto stretto, quel tronco.
La realtà, invece, è fatta di materia dura come il selciato, meglio se non illuminato e mal frequentato. Una storia piccola e ignobile, come direbbe Guccini.
Quella ragazza seduta nell'angolo con il fuoco ottico all'infinito, in più, aveva il giogo pesantissimo di una catena invisibile e tenace. Questa orrida collana gliel'ha infilata una donna. In gergo si chiama Mama, ma per l'affetto filiale, manca una emme. La Mama le fa paura da quando è arrivata in Italia (su un barcone, dentro un Tir, pigiata in un treno merci e chi lo sa...). Non si è presa nemmeno la briga di inventarsi una storia con orchi e draghi e streghe cattive. Le sono bastati un paio di spilloni e una bambola di pezza. In ballo, in quel delirio dell'orrore, c'è la salute dei famigliari rimasti in Nigeria: papà e mamma (questa volta sì, con due emme), fratelli e sorelle, forse figli. La magia nera è più sicura di mille guardie del corpo per Mama. Ma arriva anche per le vittime il giorno del coraggio, grazie agli operatori che agiscono in modo lieve, con la delicatezza di un giocatore di Shangai. Ora la ragazza è al sicuro, si prende anche il lusso di sorridere; quanto è piacevole la vita, la vita di tutti i giorni, senza le angherie di una Mama.
Ora sorride e ne ha ben donde: tra poco potrà riabbracciare la mamma (questa volta sì, con due emme).
Bello! Mi piace questo blog!
RispondiEliminaUna favola? Magari! Bello...
RispondiEliminaBlog interessante: ti seguirò!
RispondiEliminaSarà una favola,ma si assapora attraverso questa,quel lieto fine che si spera... accada,Donne che vengono sfruttate dove il loro essere è mosso dalle angherie di chi ne sfrutta ogni lineamento e ogni sensibilità d'animo ingenuo,di coloro i quali cercano e sperano di uscire dalla miseria della vita,credendo alla Favola che l'orco Le racconta! Elvira Alessi
RispondiEliminaSe ne raccontano troppo spesso, di storie come queste, senza invece un lieto fine. L'importante è trovare qualcuno disposto ad andare oltre le rigide leggi di mercato, dei mass media, di quanti dimenticano che, se si sogna di essere giornalisti, è proprio per dare voce a chi, di voce, non ne ha.
RispondiEliminaScritto abilmente, con la forza evocativa di, quasi, sente su di sé gravare la responsabilità di tutte le "Mama", e non solo, che il mondo occidentale ignora.
Un'aspirante collega
Lidia Ianuario
Bel quadretto, mi da tanta speranza, ma purtroppo le storie come questa non sono quasi mai a lieto fine. comunque complimenti, un blog molto interessante e bello.
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