Qualche tempo fa ho assistito ad
una scenetta esilarante. Una mia amica parlava serenamente al telefonino;
disquisiva sulle doti di una estetista che il giorno prima l’aveva abbellita ad
un prezzo che lei riteneva risibile. Non si capiva bene se al termine della
prestazione la suddetta estetista le avesse rilasciato o meno il regolare
scontrino – presumo di no -. Poco distante suo marito la guardava spazientito,
gesticolando forsennatamente. Al termine della conversazione è seguito un
litigio di media consistenza. Ho chiesto lumi e mi hanno svelato il mistero. Il
marito aveva paura che la moglie fosse “intercettata” da qualche non ben
definito organo di spionaggio. Oramai è una psicosi che serpeggia anche tra il
popolino. E tutti – nessuno escluso - si sente vittima di una macchina del
fango invisibile ma inarrestabile.
Si sente una vittima il
presidente della Repubblica (in soccorso del quale è arrivata anche il ministro
Cancellieri “Insisto sul fatto che non è concepibile che il presidente
della Repubblica possa essere intercettato”).
Si sente una vittima anche Cristian Vieri (in soccorso del
quale è arrivato il Tribunale che gli ha riconosciuto il risarcimento di un
milione di euro per il fatto di essere stato intercettato da Inter e Telecom).
Si sentiva vittima Berlusconi (in soccorso del quale è
accorso quasi tutto il Parlamento)
Ma tra la mia amica e un personaggio pubblico ci sta una
bella differenza.
Sono fermamente convinto che
un leader politico o un capo di Stato non abbiano diritto a privatezza e
riservatezza alcuna. Stesso dicasi per un campione dello sport, il cui ingaggio
annuale è pari al Pil di un qualsiasi stato africano.
Nell’accettare il grande onore
e l’enorme potere che derivano dalle loro posizioni, non appartengono più a se
stessi ma alla comunità che rappresentano, che devono rappresentare, giorno e
notte ogni secondo della loro vita – almeno finché sono a disposizione del
pubblico.
È un grande sacrificio e un
peso che può risultare insostenibile per i meno forti, ma i meno forti non sono
adatti alla gestione dei grandi poteri.
Il fatto che la sede del loro
potere debba essere di vetro, che possano essere ascoltati, osservati,
controllati, che debbano rispondere di ciò che fanno, dicono, e sono, non è una
deviazione dal naturale rapporto tra rappresentati e rappresentanti, ma la
normalità necessaria al permanere del rapporto di totale fiducia e appartenenza
che è indispensabile a una cessione consensuale del potere.
Questa roba non me la sono
inventata io, ma la consuetudine plurimillenaria ovunque e in ogni civiltà e
cultura si stabiliscano rapporti impari tra sudditi, cittadini, fedeli e una o
più persone che rappresentino un potere.
La storia universale ci insegna
questo. Per quanto riguarda la storia dell’Italia contemporanea è probabile che
regole e consuetudini si obnubilino in una mirabolante eccezione. Chissà. Ma di
certo sbagliava Berlusconi a pretendere massima privatezza nella propria vita
personale e politica e insindacabilità della stessa. Come penso che sbagli la
Cancellieri e Vieri e tutti quelli che si trincerano dietro ad una privacy che
fa comodo solo quando ha una accezione a loro favorevole. Questo di norma,
salvo moderne eccezioni...
Condivido in pieno e sono d'accordo sul fatto che un personaggio pubblico non può pretendere di avere una vita privata, la privacy la può pretendere soltanto mentre svolge le funzioni fisiologiche, poichè la trasparenza è il più importante e indispensabile requisito per chi sostiene di lavorare per noi.
RispondiEliminaA.L.
Oggi ci si indigna facilmente e, troppo spesso, a sproposito (per ignoranza o in mala fede).
RispondiEliminaLa privacy, brutto anglicismo - peraltro, mal pronunciato in italiano dove in Inghilterra suona privaci e non praivaci - sottintende il diritto alla riservatezza di cui ciascuno di noi dovrebbe godere, ma è una solenne presa in giro tant’è che sfido chicchessia a realizzare via internet un contratto di qualsiasi natura ed a non dare l’autorizzazione al trattamento dei propri dati a fini commerciali.
Eppure, nel nostro Paese è stato istituito un mega e strapagatissimo carrozzone statale per la sua concreta realizzazione.
Chi non ha niente da nascondere, non teme le videocamere di sorveglianza, né le intercettazioni telefoniche; men che mai dovrebbero invocare, in linea di principio e per una mera questione morale, tale diritto quanti gestiscono pubblici denari e/o mandati ufficiali.
Quei pochi che, per legittimo mestiere, devono proteggersi da siffatte intrusioni dispongono già dei mezzi per farlo.
Di contro il cittadino, e con tale sostantivo voglio indicare chi vive in paese democratico, ha diritto alla massima trasparenza nella gestione della cosa pubblica e deve poter guardare agli uomini pubblici come ad un modello di correttezza formale e sostanziale.