L’altro giorno l’ho visto. Aveva quasi le lacrime agli occhi. Si rigirava tra le mani una foto depigmentata dal tempo. Era quella di suo fratello. Il fratello di mio babbo, mio zio. È morto giovane, cadendo dalla moto. Papà ha alzato gli occhi sentendomi arrivare. L’ho guardato, mi ha guardato. Ogni cosa si è astenuta dall’accadere. Gli è arrivata in soccorso una frase. Meglio: il silenzio stava per stritolarci. Non parlò dell’incidente e nemmeno degli episodi di gioventù. Disse solo: “Era un grande operaio”.
Essere un grande operaio. È una frase che non ricordo di aver mai sentito pronunciare, non negli ultimi venti anni; esprime un’idea di un uomo, del suo lavoro, della natura del suo agire che, collocata in una sera qualunque di questi ultimi anni ne risulta del tutto estranea, addirittura priva di senso.
Grande operaio. Ci può dunque essere stata grandezza nel lavoro di un operaio; mio zio ha compiuto un tempo qualcosa di memorabile, che resta dopo cinquant’anni intatto nella memoria di chi ha partecipato della sua opera. Escluso che tutto questo possa essere coniugato al tempo presente modo indicativo. Mi chiedo a chi mai oggi salterebbe in mente di dire “grande” di un operaio e del suo lavoro.
Infatti la grandezza non è una qualità richiesta. E neppure gradita. Se mai un giovane operaio si sentisse di poter fare grandi cose nel suo lavoro, il suo sentimento sarebbe fonte di sgradevoli frustrazioni, strumento di umiliazione, e in definitiva di sconfitta esistenziale. Un grande operaio rappresenta un costo troppo alto per la società che gli sta attorno. Maturerebbe sentimenti di fierezza ed orgoglio, sarebbe un uomo appagato, libero, con energie sufficienti anche per l’esercizio gratuito del pensiero e del ragionamento. Tutta roba scarsamente produttiva e fortemente destabilizzante.
Non oso immaginare il danno che subirebbe il sistema economico e politico attuale se si trovasse a fare i conti con un Paese fatto di grandi operai, grandi insegnanti, grandi imprenditori, grandi intellettuali. Dove la grandezza è quella sottintesa nel ricordo di mio padre. Cesserebbe di esistere, semplicemente. Perché è un sistema che si alimenta nella negazione di quella grandezza, e nella affermazione della mediocrità come stato propizio delle cose.
Il principio della mediocrità è così essenziale al sistema che viene imposto anche con la violenza, se necessario. Violenza sulle menti e sulle anime delle persone che potrebbero essere “grandi”...
GRANDE OPERAIO ma potremmo dire GRANDE IMPIEGATO, GRANDE CONTADINO, GRANDE ... e si parlerebbe di un uomo comune che faceva il suo dovere con naturalezza, perché così doveva essere, l'etica del lavoro, l'etica degli onesti. Ho avuto modo di conoscerne tanti ed ammirarli. peccato che a far carriera siano sempre gli altri.
RispondiEliminaL'onestà rende grandi le persone che ne sono.....affette....ma è una malattia senza contagio, senza cure, senza futuro.
RispondiEliminaby Bruna
GRANDE, GRANDISSIMO Aldo, com'è bello leggerti!
RispondiEliminaIo continuo a coltivare la speranza, questi giorni bui finiranno, non so quando, ma finiranno.
si Aldo,è finita nella spazzatura l'epoca dei grandi operai,di coloro che entravano senza saperlo nell'essenza della parola opera,ed operavano facendosi partecipi di un progetto comune per le generazioni future...
RispondiElimina" Ogni cosa si è astenuta dall'accadere " : ed è il tempo dissolto.
RispondiEliminaIl grande operaio era davvero un uomo consapevole della propria dignità e del proprio valore. In un lavoro magari ripetitivo e usurante, sapeva mantenere la forza e la libertà di sostenere la propria qualità di lavoratore- cittadino libero . Se ne è perduto il senso, in un tritatutto che impoverisce l'animo e degrada il lavoro a pura merce, disancorata dall'uomo.
Menenius Agrippa concordiam inter patres et plebem restituit. Nam cum plebs a patribus secessisset, quod tributum et militiam non ferret, agrippa vir facundus, ad plebem missus est. Quem intromissum in castra, nihil aliud quam hoc narravisse ferunt: < Olim humani artus, cum ventrem otiosum cernerent, ab eo discordaverunt et conspiraverunt ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes conicerent. At dum ventrem domare volunt, ipsi quoque defecerunt, totumque corpus ad extremam tabem venit. Inde apparuit ventris haud segne ministerium esse, eumque acceptos cibos per omnia membra disserere. Et cum eo in gratia redierunt. sic senatus et populus, quasi unum corpus, discordia pererunt, concordia valent. Menenio Agrippa
RispondiEliminaGrande pezzo e grande scrittore!
RispondiEliminaE' proprio così, le esperienze, il lavoro qualificano la vita di ciascuno, danno coraggio e innalzano la stima del sè, perché arricchiscono di significati i significanti. La mediocrità ci tiene ad un livello, attraverso il quale siamo sudditi e non cittadini, siamo gleba e non popolo, siamo servi piuttosto che padroni. L’autodeterminazione sotterrata con buona pace della volontà. Poco più di nulla, speculiamo ma non osiamo osare ci scaviamo noi stessi la fossa. Quando una virata d’orgoglio ? Ci ingannano parole … Parole per discolpare, scusare,legittimare, circuire, ingannare, il vacuo, il fatuo. La menzogna. Orrida sventura. Una carezza a te Mariaconcetta
RispondiEliminanon ti nego che mi ha emozionato questo post...essere operaio oggi rappresenta una sconfitta...non c'è nemmeno la lontana sensazione di essere grandi e di essere soddisfatti, il ricordo di un grande operaio richiama ad una fierezza che non è di questi tempi. E' vero anche che mediocri, nel senso di poco coraggiose, sono le scelte degli uomini di questo tempo...uomini che quasi sempre corruttibili e limitati alla visione delle loro egoistiche\private esigenze... Giuliano
RispondiEliminaMi hai commosso ...
RispondiEliminaMi hai riportato al tempo in cui fare bene una cosa , una qualsiasi cosa era un valore ...
Io ho lavorato tanti anni nel campo dell'informatica moltissimo tempo fa .... quando l'hardware costava tantissimo ed era molto prezioso il lavoro di chi progettava il software ... Programmare era quasi un 'arteun lavoro artigianale direi quasi di cesello , e dovevi essere bravo .....dovevi eliminare tutte le possibilità di errore e saper prevedere ...
Un modo di lavorare che ho visto tramontare a poco a poco anche in questo settore ... forse lavorare in quel modo non avrebbe nemmeno più senso ....sicuramente lavorare in quel modo oggi sarebbe visto solo come un costo ....
Ma quanta soddisfazione in meno .......
Ricorderò sempre le parole che diceva il mio maestro Calderone (come dimenticarlo). Sosteneva che ogni lavoro aveva pari dignità, ognuno, col proprio lavoro, può dare il contributo alla società. L'importante è farlo con onestà, con consapevolezza.
RispondiEliminaQuanto mi fa piacere ritrovare le stesse parole dopo tanti anni. Grazie Aldo
GRANDE è chi non rinuncia a divenire ciò che è!
RispondiEliminaGrande è chi ama se stesso e ama ciò che fa e incontra!
Qualunque lavoro svolga!
Oggi quanti esseri su questo pianeta sentono dentro la spinta vitale di far divenire Reale ciò che è scritto nella loro anima?
Pochi, e come dici tu caro Aldo se ve ne fossero tanti il six-tema crollerebbe. Proprio perchè si ciba di automi mediocri che rinunciano al cuore e alla mente!
La domanda a questo punto è:
possiamo rinunciare a credere che il cuore dell'uomo si risvegli da questo torpore di mediocrità?
La mia risposta: è non voglio rinunciare!
Credo che il cambiamento sia sempre lì a portata di mano, a portata di tutti!
con affetto
anna
Quando una persona lavora con meticolosità e precisione, quando è puntuale sul posto di lavoro, quando rispetta i colleghi, quando cerca di dare il meglio di sè stesso in ciò che fa...ecco...in quel momento è grande....e nessuno si permetta di negarlo. lo so che oggi questi valori non sono più gli stessi di una volta ma continuo a credere che ci siano grandi operai in tutto il mondo. E se il tuo babbo l'ha affermato, ... è tanto grande anche lui
RispondiEliminaSosteneva che ogni lavoro aveva pari dignità, ognuno, col proprio lavoro, può dare il contributo alla società. L'importante è farlo con onestà
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