lunedì 21 dicembre 2015

Il calcio che vorrei



L'allenamento è finto. C'è nebbia, nebbia fitta, come un muro bianco che copre il campo. Fango, terra e sassi. Giamma si ferma a guardare quel rettangolo marrone. Guarda il fango, la terra e i sassi che gli hanno fatto uscire il sangue dalle ginocchia, che gli sono entrati dentro alla scarpe, dentro alla vita. Pensa a quella molla maledetta che gli fa in iniziare ogni anno un nuovo campionato, anche quando le primavere sono tante.
Non stiamo mai insieme”, dicono moglie e figlie.
Meglio il calcetto”, dicono gli amici del bar.
Pensa al lavoro”, dicono i genitori.

Giamma ci pensa e sorride. Ma che ne sanno loro di cosa significhi il calcio, quel calcio.
Che ne sanno loro della tensione del sabato sera, quando la domenica si gioca la partita dell'anno. Che ne sanno loro di che cosa si prova quando quello che ha segnato viene ad abbracciare te per primo. Che ne sanno della tensione di quando il mister annuncia la formazione e la maglia numero sei è la tua, ancora una volta. La fascia da capitano stretta la braccio.

Che ne sanno loro? Che ne sanno delle corse che hai fatto per non saltare l'allenamento e quando arrivi sono tutti in circolo al centro del campo a sentire il mister che spiega gli schemi. Che ne sanno di quel gol che hai salvato sulla linea tanti anni fa ma te lo senti addosso come se lo avessi fatto cinque minuti fa. Che ne sanno loro. Che ne sanno loro di come si sta quando sei 1 a 0 a cinque minuti dalla fine. E delle lacrime calde che sgorgano quando loro segnano proprio quando oramai ti sentivi sotto la doccia. Che ne sanno di come riesci a capirti con un compagno di squadra con uno sguardo che dura come il gemito di una puttana. Che ne sanno loro? Che ne sanno della fatica che ti blocca i polpacci alla mezzora del primo tempo, ma tu stringi i denti e arrivi sino alla fine e piuttosto di chiedere il cambio ti faresti amputare i testicoli. Che ne sanno del dolore che provoca un calcio negli stinchi e del dolore che si prova dentro all'anima quando segna l'uomo che dovevi marcare. Che ne sanno dei calci che hai dato e delle gomitate che hai preso in mischia, lì al centro della tua area. Che ne sanno delle strette di mano sincere con i tuoi avversari, della sicurezza che ti dà la prima entrata in scivolata sulla palla, di quanto sei stremato dopo il decimo giro di campo. Che ne sanno loro?

Che ne sanno loro di quanto sei sfinito quando arrivi agli scatti prima della partitella e non ce la fai ma ti appoggi spalla contro spalla con i tuoi compagni e si arriva tutti insieme alla fine, e sei tanto stanco che nemmeno riesci a sputare per terra. Ma nessuno si è fermato, nemmeno un secondo. E quando il mister dice che per stasera va bene ti abbracci con il primo compagno che hai davanti a te; un abbraccio muto che vuol dire ti voglio bene. Che ne sanno delle tue scaramanzie, delle docce fredde, di quanto ami questo sport.

Terra, fango e sassi. Dieci persone al tuo fianco e undici davanti a te. Un fischio lungo e secco, il pallone che compie un paio di giri e torna velocemente indietro. Ok, si può iniziare. Le maglie si mischiano. Questa è la tua vita.

Ma che ne sanno loro, eh Giamma?...


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