giovedì 28 luglio 2011

Le mie colpe



Quando frequentavo le superiori c’era una materia che proprio non mi andava giù. Era la chimica. Avevo un buon professore e cercavo anche di studiare tutte quelle formule asettiche che non avevano nessun appiglio con la realtà. Leggevo, poi, alla fine, avevo la testa completamente vuota. Non era colpa della chimica o del docente. La colpa era la mia. Quando mi interrogava, nel bel mezzo della discussione, parlavo del peso specifico di Franco Causio all’interno della Juve e del culo perfetto di quella della 5B (il sedere a mandolino, per i poco avvezzi di anatomia femminile). Lui scrollava la testa e cercava di non darmi una insufficienza grave. Mi veniva in aiuto; capiva che non era colpa sua e nemmeno della materia (che nel tempo, peraltro, ho rivalutato). La colpa era mia e soltanto mia.

La stessa cosa mi accade con le polemiche interne al Pd, in vista dei pre-congressi da tenersi per la pre-campagna elettorale. In pratica dibattono su una ipotetica pre sconfitta e sulla formazione di un post governo ombra. Ho letto decine e decine di articoli, redatti da penne importanti e illuminate, ma se mi chiedete quale è il motivo del contendere, se le mozioni vanno nel verso giusto o in quello sbagliato, ebbene non ve lo so spiegare. Ma la colpa non è del Pd. È colpa mia. Solo e soltanto mia che sono uno zuccone e quando leggo penso alla campagna acquisti del Genoa o alla focaccia di Brunin. Il Pd non c’entra niente,. Non c’entrano le sue regole fluttuanti in perenne divenire (mentre invece la formula chimica dell’acqua è invariabilmente H2O).

Leggo le interviste e ascolto gli interventi in Tv ma le parole mi trapassano il cervello da una parte all’altra e non lasciano traccia alcuna. Sono del tutto refrattario a quel linguaggio che un tempo in gioventù fu  - orgogliosamente – mio. Trovavo appassionante quel mondo, mi sembrava incredibile poter chiamare uno sconosciuto "compagno", solo per il fatto di essere lì, sotto il palco, ad assistere al comizio di un carneade iscritto al partito. Ma sono io che sono cambiato, che non apprezzo più la politica, che non la reputo una lingua viva.

La sinistra, amici, mi manca. Ma probabilmente io non manco a lei.
Ce ne faremo entrambi una ragione... 

8 commenti:

  1. VALTER MASSIMO CONTU28 luglio 2011 alle ore 13:31

    "SINISRA" loro sempre più "ricchi" e incapaci di PROPOSITO di svolgere il ruolo di classe dirigente. Caro
    compagno si arrabbi pure, ma sia noi che l'oro siamo colpevoli,,,noi COLPEVOLI di averli votati ;invece di mandarli a lavorare !!!

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  2. che strano...anch'io accuso gli stessi sintomi, non riesco più a capire il linguaggio di questi signori,li ascolto ma non riesco più a seguirli..oltre al giro di Sardegna,rivoglio indietro il mio Gramsci e il mio Berlinguer!!!!

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  3. pare proprio un amore non corrisposto tra te e il Pd; chissà ,forse lui fa il ...prezioso? Però non lo sa fare....distruggerà tutto, scappa ora amante disilluso.....il Pd non vuol più amare.
    by Bruna

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  4. hai centrato in pieno ciò che provo...io che cerco nel mio piccolo di fare il mio "dovere"... ma proprio non capisco, e non reagisco. aspetto che qualcosa accada ( ma questo è peggio del fare contro)

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  5. Ecco Aldo...la Zattera stava per affondare e tu hai colto il peso (della colpa) che la manda sempre più giù. Ti userò come gommone ;)
    PS Grazie. come sempre.

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  6. eh,si Aldo,ti manca quella sinistra che partiva dalla base e si spargeva li dove si sudava e ci si riconosceva "compagni di viaggio" frementi e felici di condividere l'ideale di giustizia ed uguaglianza...liberati dal peso delle colpe ,le responsabilità sono altrove...

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  7. No, caro Aldo, io non ho mai amato “la sinistra”: essa per me rappresentava la sopraffazione dei miei anni di liceo, laddove per avere un bel voto dovevi essere di sinistra e, se di sinistra non eri, non potevi essere né intelligente né acculturato, per quanto ti impegnassi e studiassi.
    Non che non sentissi le spinte sociali e le conquiste ad esse connesse, tutt’altro; ma non tolleravo l’appiattimento verso il basso, la decisionalità statale, la pianificazione delle intelligenze…, in una parola la negazione della tua personalità come individuo, nonché la speranza di poter emergere dalla massa al di fuori degli apparati di partito, come avveniva nei paesi a democrazia socialista.
    Al solo pensiero che potessi essere considerato un “compagno” mi veniva la pelle d’oca e rifiutavo con determinazione e spirito d’indipendenza tale definizione che sentivo come un epiteto.
    Ne conseguiva che ero ghettizzato, a partire dai miei professori che, pur riconoscendomi un’intelligenza vivace, non comprendevano tale mio rifiuto a lasciarmi attrarre dal bene assoluto che, tanto generosamente, mi indicavano. Storia che s’è ripetuta in varie fasi della mia vita ogni volta che ho rifiutato di intrupparmi in un seguito o al seguito del “superiore” di turno.
    Ancor oggi che sono ormai ultrasessantenne provo ripugnanza per quel periodo e per quell’ideologia che, finalmente, tu scopri degenerata anche nell’idea e negli ideali.
    Molti miei compagni di scuola, invece, allora si impegnarono anima e corpo, credendo fermamente in quanto veniva loro indicato ed uno in particolare, Costantino, che rivedo “pasionario” nei quartieri più poveri e degradati della città adoperarsi oltre limite per migliorare lo stato di quei disgraziati, salvo essere respinto ed isolato dal partito perché ritenuto troppo puro e, quindi, pericoloso.
    La politica italiana, quella dei partiti, si è incancrenita su se stessa e sul potere fine a stesso. Chi vuol fare politica non ha alcuna speranza d'inserirsi fattivamente se non s'adegua a metodi e logiche di potere che il potente di turno gestisce. Tutto ciò ha fatto sì che non possano esserci ricambi e gli uomini nuovi tali non sono perché per emergere hanno dovuto, comunque, accettare tali logiche.
    Quel che è peggio è che la base, cioè i cittadini, sono stati respinti ed isolati: a loro si chiede solo il mandato "in bianco"per poi farne carne di porco, né alcuno dei delegati ritiene (se non a parole) di doverne rendere conto.
    Il disprezzo che l'attuale classe politica ha degli elettori è solo paragonabile a quello che i cittadini hanno per la classe che li rappresenta, con la sola differenza che i primi si avvantaggiano delle regole della democrazia, in questo Paese violentata, per proteggere se stessi e far sì che i cittadini non possano in alcun modo mandarli a casa.

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  8. Io non ho vissuto la politica e gli uomini politici dai grandi ideali, ho cominciato a sentire la politica gia' povera e ricca di interessi privati e soldi....parlano tutti lo stesso linguaggio, vuoto e senza futuro! questo non puo' diventare amore, va gia' bene se riesce ad essere sesso di pessima qualita'!

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