mercoledì 6 marzo 2013

L'importanza di un frullato




“Certo che è grave, non ve l'hanno detto?”. Certo, la dottoressa è stanca. Ha fatto la notte, è nervosa e i lineamenti della suo viso sono chiaramente appesantiti. Certo. Ed è altrettanto certo che io, Aldo Boraschi, non posso sapere in che grado di gravità galleggia mio padre. Quando la vita è appesa ad un filo, noi comuni mortali, non possiamo nemmeno immaginare quanto fragile sia, quel filo. Allora si prova a chiedere a quei dottorini giovani già pieni di sé (“Parlo solo dopo la visita”, dice, senza guardare altro che il suo nuovissimo I-Phone).

Il decorso post operatorio va bene, dicono. Quello che non va bene è tutto il resto: il cuore o quelle tre macchie nel cervello - “Ischemie”, specificano “è un rischio che si corre quando si è operati a quella età. Non ve l'avevano detto?”. No, nessuno ce l'aveva detto.
Quello che ci ha detto un bel giorno un medico dopo la visita – non ci siamo più azzardati a interloquire fuori dai paletti – è che mio padre, dopo qualche giorno poteva mangiare una specie di frullato di mela, di una marca sconosciuta, ma che a lui sembrava nettare.
Immaginatevi cosa è stato il pensiero di quel frullato in scatoletta per il signor Beppe, come se l’è dipinto, e quante volte se l’è pappato con la fantasia. E la sera, all’ora del passaggio del carrello, quando il cigolante arcaico trabiccolo della sussistenza si ferma al suo capezzale, la sorpresa: non ci sono più frullati. Non ci sono abbastanza frullati in dispensa per accontentare tutti i famelici degenti.

Un frullato non è niente. Ma proprio perché non è niente, trovo che sia imperdonabile che gli sia stato sottratto. Il mondo dove lui ha diritto di vivere, il sistema dove lui ha diritto di essere assistito – lui e chiunque altro, me compreso – non può dimenticarsi della povera cena del vecchio signore.

Curare è prendersi cura. E non ci si prende cura sbadatamente, ma avendo e prestando attenzione. Questa è la differenza tra la pubblica carità dei lazzaretti e un sistema assistenziale pagato con il sudore dei contribuenti.
Dimenticarsi di uno schifosissimo frullato non è ammissibile, non averlo in dispensa altrettanto. In un sistema civile – e ce ne sono, incredibile che possa sembrare, nel mondo ce ne sono – il direttore generale, avvisato dalla grave carenza, sarebbe andato lui a comprarlo e l’avrebbe consegnato al signor Beppe con mille scuse per il ritardo.

Può succedere, si dirà. C'è di peggio, si aggiungerà.
Peccato che abbiamo lavorato un paio di secoli per illuderci di aver costruito una società un pochettino più sofisticata di quella così ben narrata da Victor Hugo, Vasco Pratolini, Ignazio Silone...

4 commenti:

  1. Il tempo opera sui corpi la fatica, ma la dignità non ha colore e neppure anagrafe.
    Meno dei numeri , che almeno hanno un valore,la nostra statura, che spesso è la condizione che ci travolge, noi piccoli dettagli sommersi da tanto disdoro.

    Una carezza al tuo papà dalla Maricò che più non l’ha.

    Mariaconcetta

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  2. Ciao Aldo Ciao Beppe, capisco , in quanto esperienza vissuta, il "problema". Quel poco è VITA è per alcuni. Ma in molti non lo capiscono, gli auguro persino che non lo comprendano mai; ma forse sono troppo bravo. un abbraccio. Luca

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  3. Quella piccola cosa per qualcuno è una grande cosa per qualcun altro, ma presi come siamo dalle cose "importanti" non ci accorgiamo di quanto poco basterebbe
    a farci sentire ancora "esseri umani".
    A.L.

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  4. Nei giorni del dolore, quando tutte le certezze della tua vita sembrano crollarti addosso, anche le cose più semplici e piccole appaiono nella loro vera importante dimensione.
    Tu, caro Aldo, stai acquisendo una nuova sensibilità della quale forse non t'eri mai sentito capace.
    Potrebbe essere l'ultimo dono di chi ti ha veramente amato...

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