L'altro
giorno abbiamo scoperto che salumi e carne provocano il cancro, né
più né meno che le sigarette. Oggi ci dicono che una dieta
equilibrata necessita di una manciata di cavallette e qualche etto di
vermi. Qualche anno fa ci hanno spergiurato che vivremo fino a
centoventotto anni (perché non arrotondare sino a centotrenta?)
grazie al gene di un lombrico.
Naturalmente
i titoli forzano la mano, come sempre, mentre il contenuto è più
dubbioso e complesso. Resta l'impressione che, sempre di più, gli
articoli scientifici si strutturino attraverso regole si una spassosa
novellistica.
L'era
della tecnologia non ha ancora trovato il modo di affinare il
linguaggio. E così di quello che accade nei laboratori si parla
prevalentemente nei bar con credulità religiosa o con scetticismo
beffardo; tutti e due atteggiamenti di un'era pre-scientifica, fino
ad arrivare alla superstizione allo stato brado.
In
questo contesto è molto difficile stabilire una differenza tra il
culto della Madonna di Civitavecchia e quello della cancerosità del
culatello. L'attesa fiduciosa di un segno, di un miracolo, di un
altro rapporto scientifico ci restituisce alla nostra povera
condizione di folla in passiva attesa.
Per
la religione può bastare.
Ma
per la scienza?...
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