Di
fronte all'Air Force One messo a disposizione del Primo Ministro
Renzi da noi contribuenti – costo qualche centinaia di milioni di
euro -, il mio primo sentimento non è sdegno, come forse sarebbe più
logico.
No,
il primo tarlo che mi è entrato in corpo è stato il ricordo di un
politico e di una parola.
La
persona è Enrico Berlinguer, che primo ministro non è mai stato, ma
il potere e l'ascendente che aveva sulle masse era immenso. Quello
che mi ha lasciato non è stato un progetto politico (mai stato
ammaliato dalle sirene dell'eurocomunismo), ma una memoria. I suoi
tratti personali – quella signorilità dimessa, quella serietà
impacciata – incarnavano un raro, forse unico, archetipo di
italiano non italiano, così ostile al clima di coinvolgente bagordo
del boom italiano (o presunto tale).
Fu
tacciato di essere moralista (come sicuramente era) e lugubre (e non
lo era affatto).
I
suoi comizi erano straordinari per forza e contenuti –
coinvolgenti, inebrianti -. Riusciva a provocare l'ovazione anche con
una parola che metteva i brividi, in quell'incessante veglione degli
anni Ottanta. La parola era austerità, così stridente, oggi,
davanti all'Air Force One de noaltri.
Pronunciò
inutilmente quella parola, mentre l'Italia si autodissestava
finanziariamente e moralmente.
Austerità
rimane a tutt'oggi la parola più rivoluzionaria mai pronunciata da
un leader politico italiano.
E
la dissonanza di quella parola rispetto alla psicologia nazionale
resta, oggi più che mai, ben più ingombrante rispetto al resto,
perfino all'eco, oramai spenta, dell'eurocomunismo...
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