Salim
guarda il mare.
L'ho
trovato lì, sul lungomare, quando l'alba ha il colore della pesca
gialla. Il suo sguardo è lontano, distante. Guarda l'orizzonte e
parla in automatico. Senza essere interpellato. Dice che lui
preferisce il deserto, perché è più grande. Il mare infine finisce
lì – e punta il dito verso la riga netta e blu dell'orizzonte.
Salim
guarda il mare e pensa i suoi fratelli.
Dice
che anche lui è arrivato in Italia su un barcone. Ora è il turno
degli altri. Dice che sa che i suoi nipoti sono da qualche parte,
vicino alla Sicilia. Sono arrivati da due mesi. Il giorno che sono
partiti, dice, si era alzata una tempesta di sabbia, quasi che il
deserto si ribellasse a quell'esodo di massa.
Salim
guarda il mare e pensa ai suoi nonni.
Dice
che già loro avevano fatto quel viaggio, all'inizio del secolo
scorso, quando gli italiani bruciarono i villaggi, scacciarono i
beduini dalle oasi e li misero nei recinti – stretti come capre.
Partirono con la rabbia in corpo, i suoi nonni.
Il
mare è una montagna che sale, Salid si ricorda che aveva paura di
quelle dune di acqua. Dice che il motore del barcone faticava come un
cammello morente.
Salim
guarda il mare e pensa al suo viaggio.
Dice
che sua mamma gli dava piccoli sorsi di acqua che non bastavano
nemmeno per pulirsi la lingua. Facevano i bisogni in un secchio
comune che poi svuotavano in mare. Bestie? No, dice, qualche cosa
oltre. Le bestie, spiega, non avevano così paura di morire, non
avevano quel terrore dipinto negli occhi. Non puzzavano dell'odore
della morte.
Salim
guarda al mare e pensa al mondo.
Dice
che adesso i rais vogliono fare partire tutti i poveracci di quei
posti, vogliono far salpare a ritmi incessanti quei barconi che
sembrano pullman rovesciati. Il Mediterraneo si deve riempire di
miserabili per far tremare l'Europa. È l'arma migliore che hanno in
mano i tiranni. La carne marcia dei poveri. È più potente di mille
bombe e di mille chili di tritolo. Fa scoppiare i centri di
accoglienza, le ipocrisie dei governanti, la bile dei razzisti.
Salim
toglie lo sguardo dal mare e scrolla la testa. Oggi farà la spola
sul lungomare a piazzare accendini, calze bianche e maglie tarocche.
Ora
andiamo al bar a prenderci un caffè.
Ora
anch'io guardo il mare e parlo in automatico.
Vorrei
dire tante parole ma me ne esce una sola: “Scusa”...
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