Ma
come avrà fatto, Vicio ad essermi presente in
tutti questi anni.
A
me, che me lo ricordo nel mio immaginario in braghette e maglietta da
calcio, senza mai essere invadente? Ad assaggiare la vita in tutto il
suo rigoglio (era bello, educato e aveva un sinistro da far paura)
senza mai apparirmi superbo, o volgare?
È
come se tutto gli fosse passato addosso per caso, per fatalità, per
fortuna: così mi diceva il suo sguardo sornione, che gli anni non
avevano ancora ingabbiato in un reticolo di rughe.
Poche
uscite, poche parole, tanto amore verso i figli, tanto affetto agli
amici, tante serate da Beppe. Troppe delusioni. Ma lui rispondeva
sempre con un sorriso. Anche negli ultimi tempi, come se fosse un
guanto di sfida nei confronti della morte.
Quando
ho saputo che era morto il mio primo pensiero è stato un afflato
infantile: mi è dispiaciuto che mia figlia non lo abbia conosciuto,
perché ancora troppo piccola.
Non
posso spiegarle niente, non ho le parole (anche se è di queste che
mi cibo) per descrivere quell'uomo che aveva in fondo agli occhi lo
straordinario dono della misura.
Ciao
Vicio, che ti sia lieve la terra...
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