Adua è una ragazza madre. Che significa essere donna all’ennesima potenza. Vuol dire anche essere sola nel momento del bisogno. Sola anche quando servono i soldi per cercare di mettere in sesto un negozio che proprio non ce la fa a stare in piedi con le proprie gambe. Sola anche quando si deve cercare di aprire una porta chiusa a doppia mandata della banca. Sola contro tutti, come un’eroina dei fumetti.
Oddio, non proprio sola. Tiene per la mano Riccardo, otto anni di innocenza. Lo porta sempre appresso; anche quando deve andare dal direttore, un tipo belloccio, abbronzato e con una chilata di Rolex al polso. Forse ha qualche amante. Adua potrebbe rientrare in quella cerchia, in quel harem. Ma da tempo l’unica mano che stringe, l’unica fronte che bacia è quella di Riccardo. Sono davanti all’ufficio del direttore.
Io sono nella filiale per fare un’operazione per me difficilissima (un prelievo). Adua si tortura l’orlo della giacchetta. Ai piedi ha le scarpe buone, troppo lucide per non essere appena comprate. Aveva lo sguardo immobile di chi cercava qualcuno nella folla; sul viso, ha i lineamenti schiacciati dal peso della notte. Mi vede, mi sorride e mi saluta. Riccardo tiene lo sguardo fisso sul monitor del Nintendo; per lui l’unico problema, come è giusto che sia, è sconfiggere il mostro. Adua ha in mano un pacco di fogli: sono presumibilmente garanzie, atti di compravendite di lontanissimi terreni.
Nel dicembre del 1912, J.P. Morgan testimoniò davanti al congresso americano nel corso di un’inchiesta. Quando gli chiesero come decideva se concedere un prestito a qualcuno, lui rispose: “La prima cosa è la reputazione”. Chi lo interrogava insinuò che forse le garanzie erano più importanti, ma Morgan replicò: “Non farei un prestito ad una persona di cui non mi fido nemmeno con tutte le garanzie mondo”. La teoria di Morgan era semplice: i sistemi di credito si basano sulla fiducia. Se c’è la fiducia, il denaro viene prestato senza problemi e consente a nuove imprese di nascere, a quelle già esistenti di allargarsi e ammodernarsi e alle attività quotidiane di andare avanti.
Se invece la fiducia non c’è, ci ritroviamo in un mondo in cui chi dovrebbe concedere prestiti accumula capitale, chi vorrebbe avere un prestito resta a mani vuote e la ruota dell’economia si ferma. Cioè il mondo d’oggi.
Dopo aver terminato la mia operazione di alta finanza e aver sopportato l’impiegata che, mentre ero allo sportello, chiacchierava amabilmente sulla puntata del Grande Fratello con un’altra collega, mi avvio finalmente verso l’uscita. Adua sta varcando la soglia del direttore in uscita. Ha ancora in mano il faldone dei documenti che, evidentemente, a nulla sono serviti. Ha sulla bocca un sorriso pallido. Stringe forte la manina di Riccardo. Scarica in quella presa la tensione di dieci minuti di impazientiti rifiuti del direttore. Sono già le nove e la serranda è da aprire. Forza, piccola Adua, ragazza sola contro il mondo....
Non ho parole, solo tanta .....tristezza...
RispondiEliminaforza Adua..... ce la puoi fare.
RispondiEliminacomplimenti Aldo è la prima lettura per l'8 marzo che mi ha coinvolto
Sopratutto oggi non potevi smentirti. Sempre dalla parte delle donne. Grande Aldo. Giusy.
RispondiEliminaDa donna posso ringraziarti e condivido di Adua la solitudine che rimpicciolisce ma non il fallimento perchè ogni donna può soffrire ma non perdersi..
RispondiEliminaCon stima, Ros.
Frangar, non flectar.
RispondiEliminaMi spezzerò, ma non mi piegherò.
Non farlo neppure tu, mia cara Adua.
Una carezza al tuo cuore
Mariaconcetta
Una storia come tante. Per questo - purtroppo - è tragicamente bellissima.
RispondiEliminapiccola Adua? per me grande Adua e non è l'emozione o il buonismo di questo insulso 8 marzo farmelo pensare e scirvere. grazie Aldo!
RispondiEliminagrazie, al solito! :)
RispondiEliminaGrazie Aldo non solo da parte mia...anche a nome di tante Adua senza voce...che ho conosciuto attraverso il mio lavoro.
RispondiEliminaMinu
Purtroppo Adua rappresenta la condizione femminile di ragazza madre alla quale questa società arcaica nulla concede, neanche la speranza di un domani migliore.. vergogna...tale è il mio disgusto che preferisco non parlare...grazie Aldo, donne guerriere in cerca di luce e dignità...non mi venissero poi a raccontarmi che altre donne sono in condizioni peggiori delle nostre.... certo che milioni di donne vivono una condizione terribile,,, ma un paese che si definisce emancipato non puo' permettere cio'.. ed invece tutto accade irrimediabilmente....e senza scrupoli, allora prima di giudicare dovremmo ben esaminare la nostra attuale condizione...
RispondiEliminaeleonora becelli
scusate il mio italiano..... shukran
RispondiEliminaeb
Adua e la sua solitudine, ma ciò che più è significativo è il suo CORAGGIO di ragazza madre.
RispondiEliminaIeri essere ragazza madre poteva significare: essere scacciata dalla casa genitoriale; essere insidiata da tutti i porcaccioni che l’incontravano; essere, nel sentire comune, puttana. E le donne perbene eran forse più accanite degli uomini nel dileggio... .
Non che oggi, nel nostro Bel Paese, le cose siano cambiate molto... ché anzi una donna deve avere più coraggio, poiché la sua scelta s’è fatta anche cosciente dacché è diventato più facile abortire in sicurezza e senza tante domande... .
A tanto coraggio fa riscontro la vigliaccheria di quegli uomini che la lasciano in balia di un destino tutto da verificare, con la sua creatura in grembo o, come dice Aldo, ...per mano.
Forse ha qualche amante. Adua potrebbe rientrare in quella cerchia, in quel harem. Ma da tempo l’unica mano che stringe, l’unica fronte che bacia è quella di Riccardo.
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