Ci sono frasi dette in risposta alle mie affermazioni che mi accompagneranno, penso, sino alla fine della mia vita. Quando espongo le mie opinioni sul mondo (solitamente al bar o alle cene con amici o a mia moglie) al termine giunge puntuale il teorema: “Va beh, ma allora tu sei anarchico”. Ammetto che i miei concetti sono bislacchi - soprattutto rapportati al mondo d’oggi -, ma l’uso improprio della parola anarchia è la conferma di quanto poco si sappia di questo vocabolo.
Essere anarchici spesso provoca ammiccamenti, addirittura affetto. Gli adepti di questa antica federazione godono di una particolare libertà di espressione in più rispetto al comune cittadino, come se fosse maturata nel tempo una particolare sensibilità protettiva. Come è avvenuto, nel tempo, agli indiani d’America o per il panda, o come avviene al giorno d’oggi per il fungo di Borgotaro. Non so se questo possa far piacere ai (tanti) anarchici che ho conosciuto. Se ricordo bene, penso di no.
A dire il vero non so se ce ne sia ancora in giro, di anarchici, almeno in numero tale da mantenere la denominazione. Ma questo non importa; importa solo pensare che ci siano. Il problema è il ricambio, l’acuta denatalità degli anarchici. Spariti i vecchi non ne vengono su di nuovi. E i pochi nuovi non hanno bene in testa di che cosa si tratti. L’anarchia è una cosa difficile. E ingrata. Non c’è nessuna certezza nell’anarchia, non c’è obiettivo abbastanza gratificante, almeno in tempi brevi. Non ci sono premi, non potere, nè scambi vantaggiosi nella militanza anarchica. L’unica certezza (frustrante) è che così come l’Umanità si è costituita, è inadatta alla realizzazione dell’Ideale anarchico. Occorre lavorare all’Umanità Nova. Lavoro di epoche, inadatto alle nuove generazioni.
E poi, occorre leggere tonnellate di libri. Nelle case dei braccianti anarchici c’erano più volumi che in quella dei padroni della terra che lavoravano.
Gli amici anarchici che avevo per rilassarsi leggevano la Divina Commedia o uno strano libro – che non ho mai più rivisto – che parlava del mondo intero. Nessuna opera di Bakunin o Cafiero o Malatesta. Quelle le leggevano quando si incontravano nelle buie federazioni di Carrara. Tra le mani avevano sempre Dante perchè lì dentro c’era una rivoluzione assai più importante da capire di quella contenuta in un opuscolo politico. L’allenamento per la vita è quello delle opere immortali: riflettere, capire e decidere.
Questo si fa sopra ogni altra cosa, mi è stato insegnato. Le parole chiave dell’Anarchia sono Solidarietà e Responsabilità: non sono astratte parole d’ordine ma è il massimo che può dare il cuore e il cervello di un uomo in funzione della vita di tutti. È un’ottima ragione perchè ci siano ancora in giro degli anarchici. Gente irriducibile, perchè irriducibile è la libertà. il lusso aristocratico della libertà. Todos Caballeros.
Gli anarchici pensano che gli uomini debbano essere tutti così. Tutti cavalieri. Uguaglianza nella regalità. Per questa ragione se i liberali indicano nel signor Ford il loro più grande uomo di azione, i comunisti il compagno Lenin, il più grande uomo anarchico della storia è stato Don Chiosciotte della Mancia. Lo scudiero e la sua irriducibile regalità libertaria. Todos caballeros, amici miei. Anche tu, Dario, amico mio, che cavaliere lo sei per davvero.
Todos caballeros. Todos...
Hai ragione: non è facile essere anarchici.
RispondiEliminaMa credo che ancor più difficle oggi sia Essere.
Todos caballeros gli anarchici,si,amico mio,coloro che all'insegna del Caballero de la triste figura,Don Quijote de la Mancha, si mettono in marcia, alla ricerca dell'impossibile stella di una società ugualitaria in cui ognuno è figlio di re ...i veri anarchici, coloro che hanno la febbre al cuore e che eliminano dal loro squadrone,coloro che partono solo ed esclusivamente..come il carnal Sancho, per rivendicare la loro "isola"...
RispondiEliminaBellissimo scritto ...ma proprio bello bello !
RispondiEliminaPerò non è vero che tutti i comunisti hanno in mente Lenin ... almeno non tutti .... Il comunismo, almeno come lo intendo intendo io, non si contraddice affatto con quelle che tu indichi come caratteristiche dell'anarchia .... perchè la solidarietà e la responsabilità sono i principi cardine su cui dovrebbe reggere qualsiasi comunità ...
E la libertà ..... (quella del pensiero e non solo quella dal bisogno ) ... assolutamente irrinunciabile .......
mai pensiero più bello e penetrante poteva arrivarmi oggi....meglio di un desiderio esaudito vedendo una stella cadente. Continuo ad esser Caballero..ma con un nuovo entusiasmo.
RispondiEliminaSo di ripetermi ma...grazie
Articolo molto bello.
RispondiEliminaAvevo la presunzione ondivaga di essere anarchica; solidarietà e responsabilità e libri e libertà. Todos Caballeros
Caro Aldo, ti ringrazio per la citazione che mi ha fatto sorridere e che mi onora.
RispondiEliminaIo non ho mai conosciuto un anarchico o, almeno, non uno di quelli di cui parli e che – certamente – sarebbe stato più facile incontrare all’inizio del secolo scorso. Ma letteratura e storia mi aiutano a capire cosa intendi ed ancora più utile m’appare l’accostamento a Don Chisciotte ai cui ideali e modi di sentire hanno cercato di uniformarsi i veri cavalieri della nostra storia (civile e militare): uno per tutti il mitico Amedeo Guillet che, in pace ed in guerra, seppe fare grande il nome questa nostra Italia come nessun altri nell’ultimo secolo.
Guillet, scomparso appena l’anno scorso, guadagnò in guerra l’Ordine Militare di Savoia, una Medaglia d’oro e quattro d’argento al Valor Militare, nonché quattro Croci spagnole; in pace, essendo divenuto un diplomatico, fu amico personale del Re del Marocco e di Indira Gandi, ebbe la massima onorificenza della Repubblica Federale Tedesca e l’Ordine Militare della Repubblica Italiana. Singolare l’atteggiamento di questo cavaliere che, in nome della dignità e della libertà, rifiuta di sposare la promessa sposa finché rimangono in vigore le leggi fasciste che negano gli avanzamenti di carriera agli scapoli.
Ebbene questo Guillet ha sempre con sé l’immagine di Don Chisciotte.
Lui, Guillet, è stato un “vero” cavaliere: cortesia, generosità, aiuto ai deboli, valore a costo della vita, fedeltà alle istituzioni, sono gli ideali ai quali ha improntato tutta la sua lunga vita (101 anni).
Hai ragione, Aldo: se tutti fossimo cavalieri questo mondo sarebbe il migliore possibile.
bellissimo!
RispondiEliminaTutti cavalieri equivale a non esserlo nessuno. Dire di essere figli del re equivale avere privilegi, ma se tutti siamo figli del re equivale a non avere nessun privilegio. Dunque perché "figli del re" e non "figli del contadino"? Bello scritto, comunque. Ma tuttavia un mondo di uguali mi fa pensare ad un mondo di schiavi. Preferisco la libertà dell'individualismo
RispondiEliminaecco....ora ho le cervella ben oleate....anarchici e no?..CAOS O QUIETE......o forse la quiete nel caos?.....UGUAGLIANZA per tutti, figli di re legittimi o legittimati?....ormai si usano parole senza conoscerne più il significato ed io mi ripeto di nuovo :tutte le ideologie, tutti i pensieri sono divini.....è quando si applicano ...che si perde la strada maestra.
RispondiEliminaby Bruna
molto accattivante... quasi un racconto fiabesco. Hai volutamente omesso di ricordare che talvolta la parola anarchico viene associato dai media ad attivista bombarolo e ad azioni pseudo terroristiche ;O)
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