Giacomo è nato in via Gulli, dalle parti di piazza Matteotti. Giocava nel cortile, a volte a calcio, a volte a baseball. C’era la latteria che vendeva anche le sigarette, il bar che vendeva anche la spuma al ginger: i gelati della Tanara, quelli li vendevano tutti. Lì vicino c’era anche il bar dei grandi, dove era proibito entrare. Tutti fumavano a parlavano di calcio. Si chiamava Kappadue, e teneva banco un signore con i capelli ricci, già impolverati di bianco. Si chiamava Mora. Bruno Mora. Vestiva sempre bene e portava anche il loden, quello verde e con la piega lunga: piccoli particolari che a Parma si era inclini a chiamare lussi. Ma quel signore parlava e parlava
C’era anche un signore che camminava per la strada e salutava tutti, ma proprio tutti. La gente che era in strada appena lo incontrava si dava di gomito. Indossava scarpe dalla suola alta, per non sentire i marciapiedi della vita. I suoi occhi erano due cose azzurre piene di timidezza; uno sguardo lungo, senza appoggi orizzontali; riusciva a formulare pensieri senza dare loro voce. I suoi amici si fermavano e gli offrivano da fumare. E lui accettava: in realtà non è che i poveri fumino oppure no; fumano quando glielo offrono. Era muto e si chiamava Athos. Ma aveva trovato un altro modo di comunicare. E lui parlava e parlava.
C’era anche Missio, un bambino tutta cricla e vivacità. Ad eccezione degli amici di via Gulli, non era mai stato importante per nessuno, come una elevatissima percentuale della popolazione terrestre. Quel gruppetto rimaneva lì fino a che i lampioni disegnavano pozzanghere di luce. Lui parlava, chiassoso e ansioso di rendersi simpatico. Gli altri respiravano lenti, assorbendo solo le sensazioni del luogo e del momento. Poi l’incantesimo era rotto dal fado parmigiano delle madri che chiamavano i figli. Ma lui restava lì nella luce medioevale dell’autunno padano. E parlava e parlava.
Poi c’era quello che non si fermava mai e parlava sempre con un voce carica di fretta. Aveva lo sguardo frenetico di chi cerca qualcuno nella folla. Portava sempre il cappello a falda larga e aveva imprigionata nelle dita una cartella di pelle consunta. I ragazzi della via Gulli lo seguivano sin che imboccava via Imbriani, paletto topografico della vita senza adulti. Parlava di quello che succedeva dall’altra parte dell’Oltretorrente. Sembrava un nobile decaduto, problematico erede di qualche impero scomparso. Il tremolio della sua voce da settantenne era un fragile strumento a fiato che suonava melodie sconosciute ai ragazzi. Lui camminava e parlava. Camminava e parlava.
Parma era una città che assomigliava ad un vecchio seduto che racconta le fiabe ai bimbi. Era tutto vago e senza contorni come un film di dilettanti girato con una telecamera difettosa, dove non si distinguevano bene le facce e le voci erano confuse. Alle spalle dei ragazzi di via Gulli, man mano che gli anni passavano, quel vecchio andava scomparendo in quel modo netto e definitivo che hanno solo le cose amate.
Ora Parma si è alzata a vista d’occhio - la città verticale dicono gli amministratori – come se avesse ingerito una enorme pillola di Viagra. Si è alzato anche il vecchio che si stufato di raccontare delle fiabe a chi non lo sta più a sentire. I ragazzi della via Gulli sono tutti incravattati: le loro menti, con il loro bagaglio di pazzia, hanno preso strade diverse, lontane da via Gulli. Qualcuno ha sciupato il frammento di sogno portato in giro con precauzione, come un pezzo di porcellana custodito dai personaggi della Parma che fu. I ragazzi sono rimasti soli.
Nessuno ora parla più...
I ragazzi sono rimasti soli, e non succede soltanto a Parma, sono rimasati soli e incravattati, guidano delle automobili veloci e non parlano più con nessuno. e i bambini.....i bambini si tappano le orecchie già quando hanno soltanto sette anni e ti dicono "Queste cose non mi riguardano" Nessuno ascolta più niente, ma quelli della mia età vorrebbero parlare, parlare, parlare, i muri non rispondono e stiamo a guardare questi ragazzi che non hanno tempo di ascoltare neppure le più elementari raccomandazioni......corrono e non sanno neppure perchè, non sanno che cosa cercano, la cosa peggiore forse è che hanno troppo e cercano soltanto emozioni che non troveranno più, qualcuno ha distrutto tutti i sogni e questa è la cosa peggiore che possa succedere ad un uomo
RispondiEliminaA.L.
...PARMA.. è una città meravigliosa....mi ricorda i miei trascorsi all'università di economia...
RispondiEliminale alzatacce per prendere il treno che andava a Milano....
io salivo a Bologna e tutti i giorni facevo la spola...
ricordo i suoi verdi giardini...e la cordialità dei suoi abitanti...
si dialogava anche con semplici sconosciuti...
ora c'è la più assoluta indifferenza...
come eravamo....e come siamo diventati?
Un succedersi di quadretti ad olio, un film di immagini e parole che emoziona e ti lascia magonato.
RispondiEliminaUn amarcord da "Cinema Paradiso", da Tornatore... .
Ho sempre detto che sei un grande, ma tu non vuoi crederci... .
qualche anno fa andava di moda uno slogan:- ADOTTATE UN NONNO--
RispondiEliminanessuno lo ha fatto, ora quei nonni hanno imparato a non ricordare, a non raccontarsi più e noi abbiamo perso così la nostra eredità e abbiamo bruciato il futuro di questi nostri poveri giovani. Si, poveri perchè non hanno ricordi nella testa, e non hanno sentimenti nel cuore, certo che amano, ma il tempo necessario della novità, poi tutto diventa noia. Giovani e vecchi si incontrano ancora ma si guardano con aspettative diverse; il nonno sulle strisce pedonali, chiama a raccolta tutto il suo essere per attraversare velocemente, un occhiata a quel giovane che fa cantare il suo bolide , con la mano sul clacson come per dire:- VECCHIO MUOVITI, NON VEDI CHE LA VITA MI FA FRETTA?
Sarebbe bello trascinare, con una moviola, il vecchio agli anni suoi verdi; sarebbe bello con un acceleratore trascinare il giovane verso il suo declino......forse così la NOIA morirebbe e vecchio e giovane si potrebbero parlare di nuovo....sarebbe bello.
Bruna
Non ha scritto la mano, ha scritto il cuore.
RispondiEliminaTi voglio bene ragazzo.
Mariaconcetta
<3
Infatti Aldo, ha scritto il cuore... Potrebbe averlo scritto ognuno di noi, questo pezzo (ovviamente non così...che sembra di viverlo). Siamo in tanti a chiederci: come siamo diventati? Eppure, ognuno di noi nel proprio piccolo può innescare i cambiamenti: trovando un attimo per fermarsi, condividere di nuovo pensieri ed emozioni con le persone care... Che quando si allontanano (dalla vista o dalla vita) precipitiamo a terra rendendoci conto di quanto abbiamo perso, di quanto ci manchino (e quando c'erano non avevamo neanche un minuto per ascoltarli)... Credo anch'io di volerti bene, se mi posso permettere...
RispondiEliminaThank youu for writing this
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