Rabbia: ecco ciò che
percepisco in mezzo alla gente. Rabbia. Furia cieca di chi è costretto a
sborsare i suoi soldi per buttarli nel calderone di uno Stato che non
rappresenta oramai più nessuno. E non è vero che gli italiani sono insensibili
al momento che stiamo attraversando. È che tutti sacrifici che siamo obbligati
a fare non ci portano nessun beneficio. Nessun lenimento, nè alla vita
esteriore nè a quella interiore. Non ci aiutano a crescere nell’anima.
Non so se interessi a
qualcuno, ma si dice in giro per il mondo che la cultura è un bene primario, i
beni artistici e culturali un patrimonio essenziale; ci credono così tanto
intorno a noi che i Paesi europei ci hanno lasciati ultimi, laggiù, in fondo
come investimenti culturali. Ora non è che bisogna andare per forza dietro alle
mode europee e ammalarsi di esterofilia su questioni secondarie come i beni
culturali e artistici, ma sarei curioso di sapere se i miei connazionali sono
dell’idea che far decadere i musei, non aprirne di nuovi e migliori, sacrificare
i fondi delle biblioteche, chiuderle e non aprirle dove non ce ne sono, fare
meno musica, meno teatro, deprimere le esperienze culturali dei giovani non ce
ne può fregare di meno.
Che è roba che non aggiunge
niente alla qualità, vera, della nostra vita; che con tutti i problemi che ci
abbiamo chi se ne frega della cultura. Come sarei curioso di sapere se i miei
connazionali contribuenti pensano davvero che il giorno che si troveranno due,
trecento euro in più nel portafogli potranno finalmente sentirsi uomini e donne
realizzati, appagati, consapevoli e produttivi. Non parlo ovviamente di quelli
che con quei soldi compreranno il pane e le calze ai figli.
Anche se mi viene in mente mia
madre, casalinga, che risparmiava su tutto il possibile per comprare a rate i
libri che avrebbe fatto leggere ai suoi figli. Dei libri io spero di aver fatto
buon uso, adeguato alle aspettative della mamma, ma è sicuro che senza quelle
opportunità sarei peggiore di quello che sono.
È per questa ragione che se lo
Stato mi chiedesse domani qualche centinaio di euro come contributo personale a
un serio piano di sviluppo culturale della nazione, glieli darei senza battere
ciglio, e sono sinceramente curioso di sapere quanti altri contribuenti
farebbero come me, almeno tra quelli che hanno già tutto l’essenziale, tranne
un buon piano nazionale sulla cultura.
Forse non siamo così pochi
come chi ci comanda credono che siamo...