mercoledì 26 settembre 2012

A proposito di Er Batman




Come vedi il futuro? Quali prospettive percepisci per la generazione futura? Come affronteremo le sfide che ci si presenteranno? Permettetemi, non me ne frega una cippola. Non tacciatemi di egoismo, ma il discorso è che non ci capisco più niente. Questo è il problema – e per il lavoro che faccio è un bel problema -.

Chi di voi non ha mai sventolato la bandiera del federalismo come la panacea di tutti mali della nostra nazione? Tutti, nessuno escluso. Salvo poi scoprire che proprio nelle regioni si annida il peggior malcostume politico.

Chi di voi non ha mai invocato il cambio generazionale per uscire – finalmente - dalla prima repubblica? Lo abbiamo fatto tutti, dai. Poi, a ben vedere nelle carte d’identità dei nuovi mariuoli si legge che sono nati nella prima metà degli anni Settanta.

E allora mi viene da pensare che io ho innanzitutto una vita, e solo quella da portare avanti, ed a salvare il mondo ci penserò quando non avrò più nulla da fare. Anzi quando non avrò più nulla a cui pensare probabilmente vivrò per sempre nel mio orto e contemplerò le stelle – cercandone sette ogni sera per realizzare il mio ultimo desiderio -. Ma oggi il tempo passa. Ed io devo organizzarmi.

Devo ammucchiare i soldi per la revisione della macchina e cercare di capire che cosa ho diritto per i quaranta euro che ogni mese dò a Sky. E poi devo capire perchè continuo a pagare le tasse visto che difficilmente andrò in pensione e i miei soldi andranno a Er Batman per il suo meritato Buen Retiro (a proposito, non era meglio Cicciolina?).

Ho una famiglia da mandare avanti, ed in un modo o nell’altro devo stringere i denti, perchè soldi che girano non è che ce ne siano troppi. Dopo di che devo informarmi sul mercato per capire quale è l’offerta migliore per l’acquisto di un tablet (si scrive così, no?), visto che sembra che mia figlia non possa più farne a meno. Devo comprendere fino in fondo perchè mi lamento dell’aumento della pasta e scrollo le spalle quando mi arriva la bolletta e vedo quanto mi costa accendere una abat jour. Alla luce di questa ultima considerazione, devo anche raggranellare qualche euro per assicurarmi i servigi di un buon psicologo – non ci sono mai andato, ma penso che sia arrivato il momento -.

Poi inutile ricordare che avrei bisogno di almeno due golf (nel senso di maglioni) e due paia di pantaloni nuovi, un nuovo paio di scarpe da ginnastica, qualche busta di tabacco e un telecomando funzionante (o sarà un problema di pile? Boh...). A tutto e per tutto servono soldi, e più si cresce e si matura e più bisogna inventarseli. Sì, perchè io non ho una tessera politica in tasca, non sono l’antennista di Berlusconi, non lavoro nello studio di mio zio e non sono un extracomunitario con casa e assistenza sanitaria gratuita: io pago anche l’aria che respiro ergo faccio assolutamente come cavolo mi pare e piace – rispettando le leggi.
E quindi non mi strappo i capelli per Nicole Minetti, per i grillini e per la misteriosa vicenda di Sara Tommasi. Non me ne abbiate. Non consideratemi superficiale se non instauro una conversazione sulla vicenda della regione Lazio.

E poi evitate di passarmi davanti con il vostro nuovo look anni ’60, non spiegatemi la vostra ultima invenzione culinaria e non cercate di convincermi che il semipresidenzialismo alla francese è la vera rivoluzione.

Ho una vita, qualcuno mi vuole bene, il Genoa non gioca malissimo e ho comprato due libri nuovi per il fine settimana. Lo so, è un concentrato di fesserie. Però danno un senso alla mia triste esistenza.
L’ unica cosa di cui dovremmo veramente curarci...

martedì 18 settembre 2012

Attimi di gioia perfetta




Penso che per questo si viva. Anche per questo, almeno. Quella felicità minima che cerchiamo – e a volte troviamo – ogni giorno. Io ho buttato giù qualche situazione. Vediamo chi ha altre idee. Le aspetto.

Dal dentista, lei che si toglie la mascherina e dice: “Fatto, ci vediamo fra qualche mese”

Andare a prendere la macchina parcheggiata all’aperto. Perfetto: nemmeno un graffio né una cagata di piccione

Il mio taccuino; una base rigida, due molle e fogli altrimenti destinati alla spazzatura tagliati con un righello in quattro parti

La mia penna quando oramai il refill ha più poco da dire, dopo aver sputato chilometri di inchiostro

Il Genoa, quando gioca

L’ultima sigaretta. Nella cartella c’è un pacchetto intero di tabacco, cartine e filtrini

Dopo la doccia. Ancora 12 minuti abbondanti di buono. Mi butto sul letto, ancora umido

A Crans Montana, quando nevica. Alle dieci di sera. Esci dalla tua stanzetta e imprimi le tue orme lavagna bianca

L’odore della neve. Quando cade.

Su una bancarella del mercato. I pantaloni come volevi. Chiedi il prezzo: 7 euro

A Londra. In mezzo al caos della metropolitana a Ealing Broadway. In mezzo a mille voci, senti un saluto in dialetto. Nel tuo dialetto

Un libro che cercato per tanto tempo. Te lo consegnano in libreria. Sfiori con i polpastrelli la copertina di brossura

Verso le sei e mezza di sera, nella caletta tra i bagni Ziki Paki e Tiffany. Quando non è più Settembre e non è ancora Ottobre. 

venerdì 7 settembre 2012

Elogio alla rosa




Michele Zarrillo la preferiva blu.
Ma sono rosse quelle agognate dalle donne. Rosse passione. Quelle cantate da Massimo Ranieri, che preferisce comprarle di sera, all’imbrunire, quando il sole - anche lui - volge al rosso.
Rose rosse, colore della passione, che talvolta trascende nella nuance del sangue, quando l’amore degenera in ossessività crudele.
La rosa rossa come simbolo di guerra, di quella infinita tra i Lancaster e gli York. Morirono quasi tutti nella guerra delle rose che fiorivano nella perfida Albione. Non ci fu un vinto. Vinsero i terzi incomodi, che passavano di lì quasi per caso. È la prova che le rose non s’addicono alla guerra. Qui la passione non c’entra nulla. E nemmeno le rose. Diventano garofani. Rossi pure quelli, simbolo di una politica che non c’è più.
Ed è meglio così.

Ma si parla di fiori, di rose – appunto -: Tuscany Superb, di colore rosso scuro che volge al porpora, oppure l’elegantissima Papa Meilland, dal profumo soave. C’è anche chi ruba il nome ad una gloria italica; è la Chianti, che gradisce anche posizioni ombreggiate. Una rosa che vive nell’ombra non si era mai vista.

Quantità e classificazioni suggestive: Grimson Glory, Romeo, Ingrid Bergman. Infinite varietà dello stesso tema. Fiori da regalare, da coltivare, da tenere. Da annusare: inebrianti come l’amore che ti piove sulla testa, che ti assale – vigliacco -, come si legge nei libri.
Poi c’è la Masquerade. Ah, che bella. I boccioli nascono di colore crema pallido e poi virano al rosa e quindi al rosso.
È un po’ la storia della vita; la Masquerade è il cambiamento. Un fiore didascalico, emblematico. Una rosa camaleontica. Un veglione da ballare con maschere posticce, fino allo stremo. Ma questa rosa è un augurio. Sfiorisce, muore, ostentando il colore rosso. Il rosso della passione, il rosso dell’amore.

La Masquerade è un sorso di birra gelata in una sera di agosto.
Raccoglietela e mettetela lì, dove vi pare, come scorta di ottimismo.
Da far durare il più a lungo possibile...


mercoledì 5 settembre 2012

Siamo tutti intercettati...




Qualche tempo fa ho assistito ad una scenetta esilarante. Una mia amica parlava serenamente al telefonino; disquisiva sulle doti di una estetista che il giorno prima l’aveva abbellita ad un prezzo che lei riteneva risibile. Non si capiva bene se al termine della prestazione la suddetta estetista le avesse rilasciato o meno il regolare scontrino – presumo di no -. Poco distante suo marito la guardava spazientito, gesticolando forsennatamente. Al termine della conversazione è seguito un litigio di media consistenza. Ho chiesto lumi e mi hanno svelato il mistero. Il marito aveva paura che la moglie fosse “intercettata” da qualche non ben definito organo di spionaggio. Oramai è una psicosi che serpeggia anche tra il popolino. E tutti – nessuno escluso - si sente vittima di una macchina del fango invisibile ma inarrestabile.
Si sente una vittima il presidente della Repubblica (in soccorso del quale è arrivata anche il ministro Cancellieri “Insisto sul fatto che non è concepibile che il presidente della Repubblica possa essere intercettato”).
Si sente una vittima anche Cristian Vieri (in soccorso del quale è arrivato il Tribunale che gli ha riconosciuto il risarcimento di un milione di euro per il fatto di essere stato intercettato da Inter e Telecom).
Si sentiva vittima Berlusconi (in soccorso del quale è accorso quasi tutto il Parlamento)
Ma tra la mia amica e un personaggio pubblico ci sta una bella differenza.

Sono fermamente convinto che un leader politico o un capo di Stato non abbiano diritto a privatezza e riservatezza alcuna. Stesso dicasi per un campione dello sport, il cui ingaggio annuale è pari al Pil di un qualsiasi stato africano.
Nell’accettare il grande onore e l’enorme potere che derivano dalle loro posizioni, non appartengono più a se stessi ma alla comunità che rappresentano, che devono rappresentare, giorno e notte ogni secondo della loro vita – almeno finché sono a disposizione del pubblico.
È un grande sacrificio e un peso che può risultare insostenibile per i meno forti, ma i meno forti non sono adatti alla gestione dei grandi poteri.
Il fatto che la sede del loro potere debba essere di vetro, che possano essere ascoltati, osservati, controllati, che debbano rispondere di ciò che fanno, dicono, e sono, non è una deviazione dal naturale rapporto tra rappresentati e rappresentanti, ma la normalità necessaria al permanere del rapporto di totale fiducia e appartenenza che è indispensabile a una cessione consensuale del potere.
Questa roba non me la sono inventata io, ma la consuetudine plurimillenaria ovunque e in ogni civiltà e cultura si stabiliscano rapporti impari tra sudditi, cittadini, fedeli e una o più persone che rappresentino un potere.

La storia universale ci insegna questo. Per quanto riguarda la storia dell’Italia contemporanea è probabile che regole e consuetudini si obnubilino in una mirabolante eccezione. Chissà. Ma di certo sbagliava Berlusconi a pretendere massima privatezza nella propria vita personale e politica e insindacabilità della stessa. Come penso che sbagli la Cancellieri e Vieri e tutti quelli che si trincerano dietro ad una privacy che fa comodo solo quando ha una accezione a loro favorevole. Questo di norma, salvo moderne eccezioni...