martedì 5 giugno 2012

Emilia, non vinca l'indifferenza




Ciò che è accaduto nei giorni scorsi in Emilia è inimmaginabile. Lo è nel senso letterale: non disponiamo delle risorse intellettuali per trasformarlo in immagini efficaci. Paesi interi ridotti in trenta secondi di tempo all’età della pietra. Morti sepolti vivi, migliaia di sfollati, edifici e capannoni che crollano come castelli di carta: sono informazioni e immagini che riceviamo e che non siamo in grado di utilizzare per produrne uno stato d’animo che ci collochi efficacemente all’interno di quell’avvenimento. Più di mille frame servono a capire gli avvenimenti gli occhi opachi degli anziani che hanno avuto la fortuna di sopravvivere. Alcuni dicono che, quella notte. “è stata peggiore di quella dei bombardamenti”. Hanno perso tutto. Lo dicono con gli occhi lucidi; sembrerebbe quasi che siano in procinto di piangere: ma non lo possiamo dire con esattezza, loro hanno sempre gli occhi lucidi, anche quando giocano a carte nell’osteria del paese.

Un piano sequenza sulle macerie ci ha mostrato proprio una vecchietta, seduta su di una seggiola di plastica posticcia. Di fianco a lei c’era una pianta grassa. Una di quelle piante spinose che non vedono mai la luce. E nemmeno il sole. Tuttavia in virtù di qualche cosa che io chiamo miracolo, vivono. Ammiro profondamente queste piante brutte e pericolose: sono una ostinazione tutta particolare del vivere con eroismo silenzioso da cui dovremmo imparare ogni giorno

Non c’era quadro migliore per rappresentare l’Emilia ferita. Non ci riuscirebbe il racconto migliore, le immagini – fotografiche o televisive -  più efficaci. Quella immagine di silenzio mi ha insegnato molto, e molto ha insegnato anche agli emiliani: alla fine, molti preferiscono tacere, sopraffatti dall’inadeguatezza delle loro stesse parole a far comprendere appieno ciò che hanno vissuto.

Ciò che facciamo quando una cosa non riusciamo nemmeno a immaginarcela, quando ci è impossibile “farcene una ragione”, è di far finta di niente. Accantoniamo, releghiamo in un posto sicuro e inoffensivo, lasciamo perdere. Di solito è un’operazione che riesce.

Operazione di autodifesa, naturalmente, pulsione di conservazione, ed egoismo. Perché può capitarci di non essere sopraffatti tanto dall’enormità della tragedia altrui, ma piuttosto dal peso che un nostro coinvolgimento ci graverebbe sulle spalle. Perché ci è stato insegnato, nel corso dei secoli, che non può esserci indifferente ciò che grava su una parte degli umani, ma quel peso grava su tutto il genere umano. La nostra parte ha un nome, e non è “elemosina”. L’elemosina, se non vogliamo dare un tono spregiativo alla parola, ne è solo a sua volta una piccola parte. Il nome per esteso è: compassione e misericordia. Espressioni note a tutte le culture e le religioni della Terra, con modeste variazioni di lessico e significato. Se condividi la pena del tuo fratello umano, dividi con lui ogni cosa che tu hai. Tu gli appartieni e lui ti appartiene.

E questa è la seconda lezione da questa tragedia emiliana. Cerchiamo di farne tesoro...

5 commenti:

  1. grazie . io non ho parole ...uno dei paesi distrutti Sant'Agostino era il paese dove ha vissuto la mia nonna materna prima disposarsilì hs conosciuto mio nonno ai tempi della prima guerra mondiale e lì si è sposata,fino agli anni 70 lì hanno vissuto gli zii materni di mia madre e i suoi cugini ..... da piccola accompagnavo mia nonna a trovare i suoi fratelli, ricordo le torte fatte con i tagliolini e anche il tartufo che mia nonna mi portava a mangiare alla trattoria della Rosa .
    Quando se ne andarono gli ultimi cugini di mia madre , la casa dei miei bisnonni la cedettero al comune che vi fece all'epoca un asilo nido e il giardino divenne un parco pubblico .
    Mia nonna se ne è andata da tanto tempo ... questo maggio sarebbe morta di crepacuore ...

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  2. Entusiasmo e disincanto a
    confliggere ogni giorno.
    Se riuscissi ancora una volta a colmare la mia coppa di senso … Ed invece …
    Nelle mani rimangono solo pane secco e latte acido.
    Poco salvo dell’uomo e della sua natura .

    Saremo mai capaci di vera con_divisione?
    Non credo proprio.

    Una carezza Mariaconcetta

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  3. Terremoto
    Trema la terra
    e tremano i cuori.
    Tende stabili
    vacillano come foglie
    a alito di vento imperioso.
    Trema la terra
    e i cuori han paura.
    Madre terra urla
    strattona e sgretola.
    Uomini adulti
    piangono come bimbi.
    Stentano le anime
    a riprender vita
    E tutto ricopre la polvere,
    maestosa dimora di re
    un tempo fu.
    Bruna

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  4. Complimenti, bel pezzo. Castelli di Scrittori -Daniela*

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  5. Non dobbiamo dimenticare!
    Ricordare però è anche fare quanto possibile per ridurre quanto possibile i danni provocati dai terremoti.
    Vivo in una zona che il capo dipartimento della protezione civile, Franco Gabrielli, ha definito una delle zone a rischio sismico più elevato d'Italia, affermando che c'è da attendersi un terremoto di elevata intensità, invitando la popolazione a prendere le precauzioni necessarie nell'attesa di un simile evento.
    Era il Febbraio 2011: la locale sezione della protezione civile e le autorità comunali avevano preannunciato una serie di interventi, tra cui una prova di evacuazione generale da effettuarsi entro un anno.
    A distanza di 16 mesi non si parla più di prove di evazuazione e non è stato fatto nessun controllo sulla adeguatezza strutturale di edifici pubblici e residenziali, nonostante una stima dei tecnici di un possibile crollo del 70% degli edifici del centro storico.
    Prevenzione non significa nascondersi dietro a un dito e fare finta di non sapere che un probabile evento sismico di elevata intensità provocherà perdite di vite umane considerevoli.
    Non preoccupatevi: quelli di noi che potranno farlo non si dimenticheranno di voi!

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