sabato 17 ottobre 2015

Di comunismo e comunisti...




È una storia che si ripete, ma oggi ve la voglio raccontare.
Capita spesso, quando sono in libreria, che il discorso dalle ultime uscite letterarie si sposti verso il terreno minato della politica. Non si dovrebbe, ma succede (cosa c'è di meno letterario della politica?). Ieri si parlava di malgoverno: un argomento sempre attuale, che non manca mai di offrirci ricchi spunti. Ad un certo punto – inevitabilmente – l'oratore di turno, modulando il registro della voce verso il basso, e con un certo senso di commiserazione mi guarda e dice: “Certo che anche voi comunisti, qualche colpa ce l'avete...”. E poi via, come una allegra filastrocca, ad elencare i tanti orrori del comunismo (oppressione, libri paga russi, coop rosse, bimbi mangiati crudi). Ma c'è un errore di fondo.

Il lugubre bilancio del comunismo di potere va ad intaccare le coscienze di chi - effettivamente e senza paraventi - comunista lo è stato. Questa struggente sensazione di fallimento convive però con una certezza, altrettanto forte e perfettamente contraddittoria: che quella appartenenza, quella cultura, quella militanza è stata occasione di crescita, di riscatto, di autentica liberazione per milioni di persone, specie gli umili, gli sfruttati, i senzanome e senzadio, che dentro a quella scuola si sono costruiti una dignità e un'identità prima impossibili.

Se del comunismo è inevitabile avere una pessima memoria, di quanti comunisti non possiamo avere una ottima memoria? Vi risparmio l'elenco dei nomi (uno è mancato due settimane fa…), ma ognuno di noi ne ha parecchi in mente.
La mancata comprensione di questo viluppo stretto tra un ideologia totalitaria e la sua capacità di suscitare anche coscienza critica, moralità e storie degne di essere ricordate, è ciò che rende monca un'analisi storica che va molto in voga in questi tempi.
E anche poco affidabile, se permettete.
Chi conciona contro il comunismo, perché omette di riflettere sui comunisti?...


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