venerdì 30 ottobre 2015

Salim guarda il mare




Salim guarda il mare.
L'ho trovato lì, sul lungomare, quando l'alba ha il colore della pesca gialla. Il suo sguardo è lontano, distante. Guarda l'orizzonte e parla in automatico. Senza essere interpellato. Dice che lui preferisce il deserto, perché è più grande. Il mare infine finisce lì – e punta il dito verso la riga netta e blu dell'orizzonte.

Salim guarda il mare e pensa i suoi fratelli.
Dice che anche lui è arrivato in Italia su un barcone. Ora è il turno degli altri. Dice che sa che i suoi nipoti sono da qualche parte, vicino alla Sicilia. Sono arrivati da due mesi. Il giorno che sono partiti, dice, si era alzata una tempesta di sabbia, quasi che il deserto si ribellasse a quell'esodo di massa.

Salim guarda il mare e pensa ai suoi nonni.
Dice che già loro avevano fatto quel viaggio, all'inizio del secolo scorso, quando gli italiani bruciarono i villaggi, scacciarono i beduini dalle oasi e li misero nei recinti – stretti come capre. Partirono con la rabbia in corpo, i suoi nonni.
Il mare è una montagna che sale, Salid si ricorda che aveva paura di quelle dune di acqua. Dice che il motore del barcone faticava come un cammello morente.

Salim guarda il mare e pensa al suo viaggio.
Dice che sua mamma gli dava piccoli sorsi di acqua che non bastavano nemmeno per pulirsi la lingua. Facevano i bisogni in un secchio comune che poi svuotavano in mare. Bestie? No, dice, qualche cosa oltre. Le bestie, spiega, non avevano così paura di morire, non avevano quel terrore dipinto negli occhi. Non puzzavano dell'odore della morte.

Salim guarda al mare e pensa al mondo.
Dice che adesso i rais vogliono fare partire tutti i poveracci di quei posti, vogliono far salpare a ritmi incessanti quei barconi che sembrano pullman rovesciati. Il Mediterraneo si deve riempire di miserabili per far tremare l'Europa. È l'arma migliore che hanno in mano i tiranni. La carne marcia dei poveri. È più potente di mille bombe e di mille chili di tritolo. Fa scoppiare i centri di accoglienza, le ipocrisie dei governanti, la bile dei razzisti.

Salim toglie lo sguardo dal mare e scrolla la testa. Oggi farà la spola sul lungomare a piazzare accendini, calze bianche e maglie tarocche.
Ora andiamo al bar a prenderci un caffè.
Ora anch'io guardo il mare e parlo in automatico.
Vorrei dire tante parole ma me ne esce una sola: “Scusa”...



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