venerdì 25 febbraio 2011

Elogio alla normalità



A volte mi manca proprio il mio oste Brunin. Mi basta varcare la soglia per veder appoggiato sul bancone di ardesia un calice di Vermentino con il supporto sfizioso di una bruschetta spalmata di pesto. Basta un’occhiata. Va tutto in automatico. Che bello...

L’altro giorno ho avuto la sfiga di entrare in un bar ipertecnologico nel centro di una città. L’insegna (abilmente invecchiata da un gruppo di esperti in marketing), proponeva il locale come un bar vecchio stile. I quadri all’interno erano depigmentati dal tempo, le pareti erano scaccheggiate di antichissimi avi con gli occhi lucidi. In un angolo del soffitto pendeva una perfettissima ragnatela; ma questo penso sia dovuta più alla scarsa pulizia che all’effetto vintage. Ero un po’ imbarazzato non lo nego.

Ed è proprio quando sono pervaso da questo tipo di sentimento che sono più proclive alle cazzate.
Infatti, puntuale, è arrivata. Eccola: ho chiesto al barista (un tipo abbronzato, con il gel e un orologio no-limits) un semplice caffè.

Mi guarda stranito, quasi incollerito. «Un caffè? Corto, lungo, macchiato caldo, macchiato freddo, un mocaccino, al ginseng. E soprattutto, in quale tazza?». Dico, sempre più a disagio – e quindi sempre più esposto alla gaffe - «Normale...». La cosa più stupida che si possa dire, lo so. Oggigiorno la normalità è bandita. Scazzatissimo mi fa un espresso e me lo appoggia sul bancone, evitando di incontrare il mio sguardo. Penso di fargli pena.

Mi rendo conto che la storia non è finita. Infatti: manca lo zucchero. Un’angoscia fossile mi sale da tutto il corpo fino ad arrivarmi alla gola. Ne esce un afflato che assomiglia ad un fragile preludio al pianto: «Mi scusi, lo zucchero?». «Lo zucchero? Ma come: di canna, dietetico, all’anice, al maraschino, fruttato? Oppure preferisce il glucosio, il miele alla castagna e quello all’acero?». Sudo freddo, trattengo i conati di vomito dalla troppa tensione. Ancora una gaffe: «Normale...». Il superabbronzato non mi sopporta di più. Mi appoggia davanti al muso una bustina di zucchero semolato, scrollando la testa. Finalmente sorbisco il normale caffè espresso, zuccherato normalmente.
Esco senza salutare (avrei voglia anche di un digestivo, ma evito...), fotografando mentalmente barista, locale e via, per non ripetere lo sbaglio.

Salgo sulla macchina e imbocco l’autostrada. Dio, quanto mi manchi Brunin...

6 commenti:

  1. Giusto metro di misura di un popolo che ormai vuol solo apparire

    RispondiElimina
  2. Apparire, avere , essere.
    Sì essere.
    Se perdiamo questo nucleo, se non lo utilizziamo come cemento nella costruzione della nostro io tutto rovina, tutto é opinione, tutto in ultima analisi é fallace.
    Cordialmente
    Mariaconcetta

    RispondiElimina
  3. Normale è ciò che scegliamo, istante dopo istante, che sia normale! Normale è la semplicità della scelta rispetto all'essenziale che ci occorre per vivere.

    Oggi l'essenziale è disperso e frammentato in mille rivoli di inutili "ammenicoli" che disperdono la nostra attenzione. Tutto sembra indispensabile tranne ciò che realmente serve: ascoltare il battito del cuore dell'anima e da lì muoversi nel mondo!

    Allora credo che cercare "l'oste brunin" sia semplicemente il passo che segue spontaneo.

    RispondiElimina
  4. Dammi l'indirizzo vado in quel Bar e gli ordino un toast con gazzosa e birra vediamo se gli viene uno scioppone..... vendetta e fatta!!
    CIAO COLLEGA!

    RispondiElimina
  5. pero' ti sei ripreso di sicuro agli occhi del barista non salutando! se avessi commesso anche quella normalita' ti avrebbe certamente insultato...

    RispondiElimina