giovedì 17 marzo 2011

Il significato delle parole



Ammetto di soffrire della “sindrome dello struzzo”. Me ne accorgo quando in Tv passano immagini angoscianti proprio mentre la forchetta colma di spaghetti sta per entrare nella bocca. Fino a qualche anno fa cambiavo canale (vigliacco fino al midollo), preferendo assistere alle performance di Enrico Papi (vigliacco e masochista, pure). Ora mi sono assuefatto, la prendo come una fiction preconfezionata, dove la realtà che scorre sul plasma è abilmente contraffatta per racimolare audience.

Le scene del Giappone in ginocchio scorrono davanti ai miei occhi e davanti a quelle di mia figlia, che aguzza lo sguardo e mi chiede perchè tutti quegli uomini ora sono poveri. La sua è una domanda precisa: mi chiede di spiegarle la povertà. La forchetta si è fermata a mezz'aria. E che ne so, io, della povertà? Che cosa ne sappiamo noi?

Potremmo mai un giorno diventare poveri? Abbiamo, noi occidentali, la più pallida idea di che cosa significhi “essere poveri”?
Vuol dire non avere abbastanza da mangiare o non avere il telefonino? Non avere una casa o non possedere una seconda casa per le vacanze? Non avere di che coprirsi o essere costretti ad indossare i vestiti dell'anno prima?
A turbare i nostri sonni, a rendere più ansioso il nostro futuro, è l'inquietudine del presente. Pur vivendo in una società fondata sui beni materiali non siamo riusciti a costruirci, in un secolo, uno straccio di “cultura materiale” che ci aiutasse a distinguere il necessario dal superfluo, l'utile dall'inutile. È per questo, del resto, che ci godiamo così poco l'allegro superfluo e l'insostituibile inutile: li confondiamo con il grigio necessario.

La concezione di ricchezza è relativa: ci sono persone che hanno dieci milioni, ma ne vorrebbero altri cento e altri ancora. C'è chi non dorme di notte perchè non riesce a comprarsi a rate l'ultimo Suv supeaccessoriato e molto adatto ai deserti. Esempi ce ne sono a migliaia. Quelli sono ricchi o poveri?

Se abbiamo della povertà un'idea così confusa, è perchè abbiamo frequentato malissimo la ricchezza...

7 commenti:

  1. abbiamo dimenticato quei lunghi anni ad esser felici con niente, a far due franchi di benzina alla volta, nel serbatoio del maggiolino di undicesima mano regalato dal papà!
    ...e a godere dell'altrui scanzonata compagnia, più di qualsiasi altra cosa :D
    grande Aldo: come sempre un argomento al piombo

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  2. si,per me accedere alla nozione di povertà significa anche fare l'economia dei nostri bagagli culturali troppo ingombranti,che ci servono da paraocchi e c'impediscono di lasciare spazio libero,in noi stessi,al vuoto,perché in generale siamo nel troppo pieno,vuoto che ci permette di rielaborare nuovi concetti d'approccio a noi stessi e agli altri.in una dinamica umana autentica...

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  3. Di poveri in Italia ce ne sono tanti, te lo posso assicurare, di falsi poveri di più...

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  4. Aldo la povertà materiale ci fa paura, quella dell'anima non sempre duole, non sempre graffia.
    Fare deserto dentro di sè.
    Sentire i morsi della fame imteriore.
    Coprirsi il viso per non vedere.
    Tapparsi le orecchie per non sentire.
    Turarsi il naso per evitare il lezzo del nulla.
    mettere i guanti per non toccare il dolore.
    Questo sì che mi fa paura.
    Una carezza Mariaconcetta

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  5. Nel corso della 2^ Guerra mondiale i Britannici inviarono i loro figli oltre Oceano per sottrarli ai bombardamenti ed alla fame. Io sono disposto ad accogliere un bimbo o bimba giapponese in attesa che la situazione in quel paese si normalizzi. Mi sembra un modo concreto di attivarsi, se v’è questa disponibilità da parte del Giappone. Non parlo giapponese e neppure l’inglese, ma penso che la mia famiglia possa dare amore ed assistenza ad una creatura in pericolo... .

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  6. Povero è chi non ha un centesimo.Chi non può pagare l'affitto,chi mangia un pasto al giorno alle mense per i poveri.Non mi piace leggere commenti più o meno poetici sulle nostre coscienze,etc,etc.Piuttosto sviluppiamo l'empatia!M.TeresaD'Aiuto

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  7. Basterebbe vedere la povertà per farsi un'idea della povertà, ma vederla dal vero ... non in televisione.... in tv passa come un film... non tocca le coscienze, o per lo meno non lo fa abbastanza.
    Quando vedi un bambino che trova un pomodoro tra le casse dell'immondizia e lo mette immediatamente in bocca, allora ti rendi conto di che cos'è la povertà.
    E di quante cose abbiamo che non ci servono... non ci serviranno mai eppure sono in casa nostra. Se tutti quanti fossimo capaci di rinunciare a qualcosa sapendo esattamente che quella rinuncia va a favore di qualcuno,chissà, forse si potrebbe davvero cominciare a sentirci parte del cosmo

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