domenica 24 aprile 2011

Un vuoto incolmabile



Ci sono persone la cui dipartita lascia un vuoto incolmabile. Mancano i loro gesti. Manca la semplicità disarmante con la quale rendono tattile i dogmi; i dogmi non di una religione, ma del disegno di un dio qualunque nel mondo.

Ho sempre avuto in uggia la Chiesa e la tristezza che incombe nella maggioranza dei suoi precetti. Mi fa incollerire il disprezzo che gli alti prelati hanno nei confronti del corpo di un uomo, tutti impegnati alla salvezza dell'anima. L'unica prova ignea di Dio che abbiamo, almeno quella che hanno cercato di inculcarci in testa, è una pesante tavola che ci impone, per la salvezza dell'anima, i dieci comandamenti. Non i nostri diritti, quindi, ma i nostri immancabili doveri. Abbiamo dovuto aspettare secoli e secoli, prima che qualcuno ci soccorresse nella vita di tutti i giorni. E non fu un conclave di vescovi o una enciclica illuminante. Ci pensarono Erasmo da Rotterdam o Voltaire. Misero l'Uomo al centro del mondo, non un Essere Supremo. Fu una rivoluzione. Da allora l'uomo capì che, per lui, c'erano anche dei diritti. Il giogo della fede poteva essere allentato.

Mi piace il concetto di pace. La pace non è uno slogan pubblicitario, non è retorica politica. La pace è concreta materia della vita, allo stesso modo, e opposto, della guerra. Non è un indefinito auspicio politico, ma un ben definito stato delle cose. Un bambino che si nutre, che agisce con gioia, che accede al sapere è un bambino che vive nella pace. Un bambino che muore sotto un colpo di cannone è un bambino che muore nella guerra. E se qualcuno, fosse anche il beneamato presidente della Repubblica di questo paese, ha l'ardire di proclamare portatore di pace il soldato che ha premuto l'otturatore di quel cannone, anche il beneamato presidente prostituisce la parola Pace al mercato di una retorica priva di verità. Anche se quel soldato si fosse prodigato a distribuire biscotti affacciandosi dal suo carrarmato fino al giorno prima. I biscotti conservati nella stiva di un carrarmato sono biscotti del tempo di guerra non del tempo di pace. Non voglio sentirmi dire da un cappellano militare: la pace sia con te. Non voglio sentirmi dire da un ministro in giubbotto antiproiettile: siamo qui a portare la pace. La pace è un dogma che non si presta a interpretazioni.

Mi piace ancor di più il concetto di perdono. Giovanni Paolo II non ha vissuto per decretare la fine del comunismo, non è per questo che giustifica la sua vita agli occhi del suo Dio. Si è assunto una missione un pochino più vasta: l'adempimento del disegno di Dio nel mondo. E non ha mai defletto, nonostante la storia, nonostante i poteri. Non ha mai scelto il silenzio. Ha sempre optato per la crudezza dei gesti. Come quello che fece nel natale del 1983: andò in carcere per incontrare e concedere il suo perdono a Alì Agca che gli piazzò qualche pallottola in ventre due anni prima. Questo è il disegno di Dio. Questo è il vuoto incolmabile che noi ci porteremo dietro per tutta la vita... 

9 commenti:

  1. Andò anche in Cile da Pinochet,e per questo ancora oggi non riesco a perdonarlo...

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  2. Maria Adele buccafusca25 aprile 2011 alle ore 00:40

    Aldo,scusami, ma questa volta non mi trovi d'accordo!!Rispetto le tue idee, però , non riesco a dimenticare che si battè molto per la fine del cominusmo nel mondo, diversamente lo stesso atteggiamento non ebbe nei confronti del capitalismo , pur riconoscendone i grandi limiti!!!Due pesi e due misure....da un Papa, non va bene per niente!!!

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  3. e bisognava aspettare che Erasmo e Voltaire mettessero l'uomo al centro del mondo perché costui prendesse coscienza che la religione non era più quella cosa astratta colpevolizzante che c'insegna i doveri da applicare alla lettera sotto pena di perire nel rogo dei cerchi infernali ma piuttosto quella parola che rispecchia il concetto di rilegatrice delle cose universali diventando portatrice d'amore e tolleranza ,quella parola che il papa Giovanni II .personificherà con successo, sciogliendo i nodi di errori tramandati nei secoli e rivelandoci coll'esempio concreto la forza del perdono..recuperando così tutto l'impatto e il vigore della parola evangelica,quella parola a cui si può attingere come da un pozzo profondo nelle sfaccettature dei suoi molteplici sensi e che ci rinvia costantemente non solo ai nostri doveri di cristiani ma ai nostri diritti di cittadini consapevoli...allora si, certe figure maggiori nel pieno esercizio della loro funzione,insegnandoci con i loro gesti applicati a situazioni concrete ci aprono semplicemente la via dell'amore reciproco, riposizionando il posto dell'uomo nella sua duplice natura divina e umana nella piena responsabilità del suo destino..allora certo quelle grandi guide spirituali lasciano dopo di loro un vuoto incolmabile...

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  4. Caro Aldo tocchi un tema e dei tasti che hanno in sè l'essenza della grandezza e non bastano sicuramente poche righe di commento per esaurire il senso. Faccio una premessa fondamentale al mio dire successivo. Quello che scriverò, io lo so, ma siccome non mi faccio mai sconti quando mi guardo allo specchio, so già che non lo vivo.
    Il decalogo e precetti. Tutti trovano la loro giusta collocazione in una sola verità: amore. Dare la vita per l'altro, che non é il tuo amico, troppo semplice, dare la vita per il nemico, dare la vita ogni giorno inchiodato ad una croce che , ironia della sorte ti salverà. Questo é il cristiano. tutto il resto é secondario. Non sempre la Chiesa fatta di persone e di mattoni ha tenuto conto di questa verità. E nella storia della Chiesa ci sono fatti e circostanze che stridono con il messaggio d'amore.
    Il Concilio Vaticano II sicuramente è stato un grimaldello molto efficace, capace di abbattere certe porte che impedivano alla Luce di penetrare. La guida e il carisma di Giovanni Paolo II sicuramente è anche frutto di questa opera. Giovanni Paolo II ha saputo inginocchiarsi e chiedere perdono, ha saputo riconoscere torti e debolezze, pur restando legatissimo all’ortodossia e ai principi inderogabili su cui si fonda la Santa Madre Chiesa Cattolica. Lui è una testata d’angolo, lui è sale della terra e non per il suo impatto trascinante sulle folle, ma perché in lui tutti noi vediamo una luce particolare, non molto comune, la luce di colui che è giusto.
    Come dice Parma Libera andò da Pinochet. Certo . Guai se non l’avesse fatto. Mise davanti a lui la logica dell’amore opposta alla logica della morte. E’ questa la logica del cristianesimo, non altra. Quanto all’idea che Giovanni Paolo II non abbia bastonato in capitalismo, forse io e Maria Adele dovremmo approfondire la lettura dell’enciclica “Sollicitudo rei socialis “ e non solo quella.
    Non voglio essere pedante e quindi mi fermo qui. Con te concordo. Credenti e non. Lui è ancora sale della terra.
    Una carezza a te. Mariaconcetta

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  5. SIMPATICO SI.......MA SANTO?E POI SCUSATE IO SONO UNA MISCREDENTE : CHE VUOL DIRE SANTO?ANCORA ALLA MIA ETA' NON L'HO CAPITO....PER ALCUNI SANTO ERA ANCHE SATHIA BABA.....MORTO IERI A 86 ANNI......
    COMUNQUE AD OGNUNO LE SUE CREDENZE...IO NON FACCIO EVANGELIZZAZIONI E NON CATECHIZZO NESSUNO......

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  6. Caro Aldo io concordo con le tue parole, ho amato molto Giovanni Paolo II, uomo di grande carisma, a mio avviso i giovani hanno testimoniato la sua capacita' di evangelizzazione, per me il Signore è amore, è una carezza prolungata, non amo i dogmi del Vaticano, detesto il loro potere e l'abuso che ne fanno, provo un profondo rispetto per coloro che hanno scelto autenticamente l'amore di Cristo, ma devo tener presente che si tratta di esseri umani... e come tali pieni di miserie...Il divino alberga in tutti noi, a noi poi la liberta' dell'uso...Grazie Aldo, un abbraccio

    eleonora b.

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  7. caro Aldo, leggo e rileggo sempre i tuoi articoli,ho già detto che riesci sempre a dare voce ai miei pensieri, anche questa volta nelle tue parole ritrovo me stessa e i miei convincimenti,di ciò ti ringrazio immensamente.Da agnostica e da persona fortemente critica nei confronti della chiesa cattolica,condivido in pieno il tuo pensiero su Giovanni Paolo II.

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  8. Premetto che ho lungamente frequentato e seriamente anche il mondo cattolico, ma un bel giorno mi sono resa conto che in realtà quel mondo mi era estraneo, io non riuscivo a credere in quello che la Chiesa Cattolica professa e me ne sono totalmente allontanata .
    Ho guardato in seguito le vicende del mondo cattolico con molto distacco e non ho mai provato na particolare simpatia per Papa Giovanni Paolo II ....
    In realtà trovo molto poco "evangelica" la Chiesa Cattolica .....non mi piace l'idea di un papa che vive negli agi e nel lusso ....e mi ricorderò sempre il dispiegamento di polizia che c'era quando Giovanni paolo II venne in visità nella mia città ...
    Se non ricordo male Gesù andò incontro al suo martirio a cavallo di un asino e non scortato da poliziotti .....
    Non riesco a "commuovermi" davanti ad alcun potente per quanto individualmente possa essere stato una persona corretta e in buona fede, ma questo papa lo è veramente stato ???????
    Non lo so .........

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  9. Caro Aldo, i grandi uomini - quelli che sono destinati a rimanere nella storia - con la loro scomparsa lasciano un vuoto che difficilmente l’umanità è in grado di colmare. Sono uomini che si affacciano sulla ribalta umana come meteore, ma che del loro breve passaggio lasciano il segno. Spesso motivo di grandi divisioni, vilipesi dagli avversari e dai piccoli uomini comuni di cui ledono interessi ed ideologie (v. il discorso fatto da qualcuno sulla sua visita in Cile).
    I piccoli uomini sono destinati a non capire perché impaniati nelle loro miserie e, per questo, odiano i grandi. Non ho mai pensato a Karol solo come un Papa, di questi ce ne sono stati tanti, in alcuni casi, anche fin troppi: egli era l’uomo delle fratture, delle rotture degli ordini costituiti, ma anche della pace e del perdono, come giustamente sottolinei.
    Un’unica osservazione, sulla tua considerazione del soldato che spara o che distribuisce biscotti: il soldato porta le armi, ma il dito sul grilletto non è il suo, bensì del politico che deciso per la pace o per la guerra. E’ un equivoco nel quale spesso la gente incorre, riversando sull’uomo in uniforme l’orrore degli effetti di una guerra che, diversamente, egli subisce come chiunque altro.

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